Se lo strapperanno di mano forse per l'ultima volta. Lo scudetto? Macchè San Siro, altrimenti detto Meazza. Poi il vecchio amico del calcio milanese andrà in pensione. Non subito, ma come fosse domani. Milan e Inter non potevano pensare di meglio per celebrarne l'onorata carriera: giocarsi il titolo di campione fino all'ultima giornata e strapparsi l'uno con l'altro la possibilità di festeggiare. Direte: i festeggiamenti allo stadio sono stati tanti per i milanesi. Sono abituati. Già, ma stavolta lo stadio sarà un simbolo di conquista. E speriamo solo di lotta sportiva. Non altro: perché quello è il solito pericolo provocato dal tifo nostrano. Provate a immaginare: il Milan vince lo scudetto e l'Inter, che ha appena giocato, è costretta a sgombrare in fretta, e con delusione, per lasciar posto alle feste dei nuovi campioni e dei tifosi al seguito. Suvvia, come strapparle lo scudetto due volte. Se tutto fosse un fumetto vedremmo le casacche nerazzurre tirate da una parte e dall'altra: il tanto per il più classico dei falli da rigore. Se, invece, capitasse il contrario la gente nerazzurra resterebbe nello stadio incensata dal suo tifo sfavillante di emozione e sorpresa (più facile pensare ad un Milan galleggiante piuttosto che brutalmente battuto). A quel punto l'Inzaghi conquistador pianterebbe la bandiera nerazzurra nel centro del campo come il generale vincitore di una battaglia campale, così da mettere a tacere anche gli inconsolabili ammiratori di Conte. E il taciturno pullmann del Milan, al ritorno, eviterebbe la zona San Siro. Ecco, ci godremo questo vecchio e inaffondabile stadio come il teatro dell'ultima e più spettacolare battaglia del pallone nostro.
Grati ai contendenti di averlo fatto sognare come una conquista, di averlo immaginato mentre l'un e l'altra armata calcistica lo tira a sè: quasi per strapparselo di mano. L'ultimo braccio di ferro nel nome di un santo e di una città che dovrà mostrare la sua civiltà: in alto i cuori e in basso le mani. Mettete dei fiori nei vostri cannoni.
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