Uno Schumacher campione fa battere forte il cuore. Fa pensare a Michael, fa venire quasi il magone Vent'anni dopo il primo mondiale da ferrarista di papà, tocca a Mick alzare la coppa nel cielo lattiginoso del Bahrain. Campione in Formula 2, due anni dopo aver conquistato il titolo europeo di Formula 3. Il bimbo che a un anno saliva sul kart in braccio a papà sta studiando per diventare un campione e lo fa salendo la scala con il ritmo e la faccia giusta. Come è lontano il tempo in cui si nascondeva dietro al cognome di mamma Corinna per fare i primi passi nel mondo in cui chiamandosi Schumacher non sarebbe stato semplice restare fuori dai riflettori. Invece lo hanno protetto in tanti anche quando papà non ha più potuto accompagnarlo: la sua famiglia, la sua manager che poi era la stessa di papà, la sua squadra, la Prema Powerteam che è il meglio che c'è nelle categorie minori, Jean Todt che è un secondo padre, la Ferrari che lo ha chiamato nella sua Academy e adesso lo scorterà nel debutto in Formula 1 con la Haas.
Mick è un ragazzo educato al quale in pista non hanno regalato nulla. Gli hanno dato la macchina migliore, è vero, ma poi ha dovuto guidarla lui al titolo. Ora il suo cognome è nell'albo d'oro di un campionato che è cominciato con Rosberg e Hamilton (in Gp2) e negli ultimi anni ha visto emergere i ragazzi del futuro come Russell e Leclerc. Charles due anni fa diventò campione con la stessa squadra, ma vincendo 7 gare e conquistando 8 pole position. Mick ha vinto solo due gare e non è mai scattato davanti a tutti. Non ha vinto alla Schumacher. Ha vinto piuttosto alla Prost o alla Lauda. Ha conquistato il titolo con la costanza dei piazzamenti piuttosto che con i successi. Un martello come papà quando infilava un giro veloce dietro l'altro in gara. Ha vinto a Monza e a Sochi, ma soprattutto ha collezionato podi: 10, nessuno lo ha frequentato tanto, neppure chi ha vinto più gare. Mick non è ancora Michael e magari non lo diventerà mai. Ma ha l'intelligenza per saperlo e lavorare su se stesso per migliorarsi anno dopo anno, gara dopo gara. In carriera lo ha sempre fatto. Gli manca il guizzo del padre in qualifica, ma è bravissimo in partenza e in gara ha la combattività giusta sia quando deve attaccare sia quando si deve difendere usando tutte le armi (pure un po' di cattiveria) a sua disposizione. Nell'ultima gara però non ha esagerato, qualcuno si aspettava una ruotata a Ilot che lo attaccava, ma lui ha avuto la freddezza che papà non aveva avuto con Villeneuve
Ora è importante continuare come ha fatto finora: senza fretta. A papà bastarono due sessioni di qualifica per far capire alla Formula 1 che era arrivato un fenomeno.
Lui dovrà prenderla con calma, crescere insieme alla Haas. Che cosa lo aspetti in futuro è già scritto: un posto in Ferrari. Ma quel posto, così come ha sempre fatto finora, non vuole conquistarlo solo perché si chiama Schumacher. Vuole conquistarlo perché se lo merita.
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