La Wada, l'agenzia antidoping mondiale, esce a pezzi dalla sentenza che proscioglie dall'accusa di frode sportiva Alex Schwazer. E reagisce con durezza mai vista, minacciando persino «azioni legali» contro il giudice Walter Pelino, colpevole di avere indicato un complotto della Wada (e della Iaaf, la federazione mondiale dell'atletica ora World Athletics che ha ribadito che «Schwazer non potrà partecipare a competizioni internazionali fino al 2024, quindi niente Giochi di Tokyo, la teoria della manipolazione è inverosimile») ai danni del marciatore di Racines come spiegazione più logica delle anomalie riscontrate nei test sulle urine.
L'annuncio di «tutte le iniziative, incluse le azioni legali» arriva in fondo a un comunicato in cui i dirigenti Wada si dicono «sconvolti da accuse sconsiderate e infondate» lanciate dal giudice del tribunale di Bolzano, e ribadiscono che a carico di Schwazer e della sua ricaduta nel doping c'erano «prove schiaccianti». Ma non spiegano perché, se le prove erano così inequivocabili, la Wada non si è opposta, come sarebbe stata sua facoltà in quanto parte offesa, alla richiesta di archiviazione del processo ad Alex avanzata in novembre dalla Procura altoatesina.
La verità è che Wada e Iaaf erano probabilmente rassegnate ad una conclusione indolore dell'indagine sull'atleta, ma non avevano messo in conto di potersi ritrovare sul banco degli indagati, come è accaduto invece con la sentenza di Pelino. Ai vertici dell'agenzia antidoping mondiale, il giudice attribuisce una lunga serie di reati che sarebbero stati commessi per ostacolare l'accertamento della verità sul caso Schwazer. «È forte il sospetto che si sia cercato di coprire un dato fasullo con altri dati fasulli», scrive Pelino a proposito di uno studio (definito «fantomatico») prodotto dalle difese di Wada per spiegare le anomalie delle provette. «Su questo - aggiunge - indagherà il pubblico ministero».
E non è tutto. Il giudice ricorda come Thomas Capdevielle, il dirigente della Wada che avrebbe ostacolato le indagini, ebbe un ruolo preciso anche nel processo che a Parigi portò alla condanna dell'ex presidente della Iaaf Lamine Djack. «Capdevielle venne sentito in quella vicenda come testimone assistito, cautela prescritta laddove vi sia il rischio di dichiarazioni autoincriminanti (...) nella stessa vicenda Jane Boulter Davies, anch'essa responsabile dell'antidoping, è stata sospesa per sei mesi mentre il marito Nick Davies, capo ufficio stampa di Iaaf, è stato sospeso e poi radiato. Il dottor Pierre Yves Garnier, incaricato dei controlli antidoping, è stato a propria volta sospeso per tre mesi». Ebbene, ricorda il giudice, «il prelievo dell'1.1.
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