Se l'Italia è un po' Usa e un po' Giamaica

Se l'Italia è un po' Usa e un po' Giamaica
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Il diavolo si nasconde nei dettagli. Forse anche gli ori olimpici. Marcell Jacobs è scattato con un tempo di reazione di 0.159, bene ma non benissimo. Dettaglio. Poi ha via via liberato la potenza e non c'è stato più mondo attorno, ma solo lui, il tempo, quel tempo, nove e novantadue. E il confine maledetto dei dieci secondi in cui era stato costretto a rientrare, finalmente lontano, superato, lasciato negli specchietti retrovisori come non gli accadeva da due anni. Chituru Ali è scattato dai blocchi in 0.131, fionda comasca di due metri, meglio di Marcell. Dettaglio. Nella differenza dei tempi di reazione fra il campione olimpico e la rivelazione azzurra c'è la promessa di un Jacobs ancora più in forma per Parigi e un Ali con il pass in tasca per i Giochi pronto a stupire. Gli ori e le medaglie olimpiche si nascondono lì, nei dettagli, nel modo di correre e spronarsi, oggi, di questi ragazzi azzurri, maestro e discepolo o fratello minore, non conta, non fa differenza. Perché il gigante lariano l'aveva detto e ripetuto a Roma, agli Europei, che voleva battere Marcell; e Jacobs gli aveva subito creduto, nessuna presunzione o supponenza del campione olimpico verso il giovane ambizioso. Parlava il cronometro.

Due azzurri sotto i dieci secondi nella stessa gara, 9''92 e 9''96, sono cosa mai vista. È l'Italia che si veste d'America e Giamaica parlando con l'accento quadrato dei bresciani e quello tondo dei comaschi. Un bresciano che da due anni era in cerca di se stesso e che un attimo dopo il crono della certezza rasserenante di essersi ritrovato, di non aver sbagliato a cambiare allenatore, città, mondo, ha detto al compagno, «al fratello minore», così lo chiama: «Hai visto che cosa hai fatto?».

Quinto crono stagionale per Marcell, dodicesimo per Ali. E la sensazione che Jacobs abbia voglia di replicare il modo in cui tre anni fa, a suon di tempi sempre più bassi, si era avvicinato a Tokyo. E non è un dettaglio.

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