Non è vero, ma ci credo. Parafrasando Peppino De Filippo, bisognerebbe dare ragione a Raheem Sterling, l'attaccante anglo-giamaicano del Manchester City, che ha lanciato l'ultimo grido di allarme: «Il calcio farà progressi solo quando ci saranno più giocatori di colore che riusciranno a diventare allenatori». A prima vista sembra solo un lamento sulla scia delle proteste diffuse in tutto il mondo dopo l'uccisione di George Floyd a Minneapolis, ma a ben guardare il j'accuse di Sterling non è del tutto immotivato. Sostenuto, a ruota, da un altro colored grande ex dello United, Dwight Yorke che si è sfogato: «Non alleno perché sono nero, non trovo lavoro nonostante mi spinga Alex Ferguson». Testimonianza che consolida le considerazioni di Sterling: «Perché tra quattro grandi ex nazionali inglesi, Lampard, Gerrard, Campbell e Cole, diventati allenatori contemporaneamente, i primi due, bianchi, sono già sulle panchine del Chelsea e dei Rangers, mentre gli altri due, neri, lavorano nelle serie minori o nelle giovanili?».
Difficile dare una risposta logica a questo interrogativo, soprattutto se ci si rifiuta di pensare che i motivi siano razzisti. Non può essere che nel 2020 l'evolutissimo mondo del calcio, quello che ogni domenica manda in campo i bambini di tutte le razze per mano ai calciatori, che fa annunci e proclami contro la violenza e le discriminazioni, possa ancora discriminare i neri nel momento in cui bisogna scegliere un allenatore.
Eppure, dati alla mano, la realtà è questa. Se mediamente i giocatori di colore sono il 20 per cento nei grandi campionati europei, gli allenatori neri si possono contare sulle dita di una mano. Negli ultimi tempi si segnalano Nuno Espirito Santo e Chris Ramsey in Inghilterra, Lamouchi e Kombouare in Francia e pochi altri. Nella storia del campionato italiano se ne sono visti solo due: Fabio Liverani e Clarence Seedorf, oltre a Canè che allenò il Napoli con Boskov dt. Poi il vuoto. Persino in Brasile, dove i neri hanno fatto la fortuna della Seleçao, da Pelè a Ronaldo, e il sessanta per cento della popolazione è di origine africana, i tecnici di colore sono rarissimi.
In Nazionale ce n'è stato solo uno, Gentil Cardoso, lo scopritore di Garrincha, per poche partite nel '59. Se poi pensiamo alle panchine di tutte le squadre dei Mondiali, per trovare un nero bisogna aspettare il 1970 con Didì tecnico del Perù. E se il più famoso e quotato tecnico nero è stato Francisco Maturana, il Sacchi colombiano mago dell'Atletico Medellin e della Colombia, non si può dire che al di fuori del Sudamerica abbia avuto una grande fortuna con una fugace apparizione (con esonero) all'Atletico Madrid.
Insomma, sembra che il mondo del calcio sia
ancora legato ai preconcetti come quello per cui si diceva che i neri non potevano giocare in porta, prima di scoprire N'Kono e Dida. Adesso tutti negano, ma nessuno affida una panchina a un tecnico di colore. Non sarà vero
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