Se la regola del 7 ha sfrattato l'icona 10

Da Rivera a Maradona e Totti c'era una volta il dieci. Ora tutti come CR7

Se la regola del 7 ha sfrattato l'icona 10

Maradona. Platini. Rivera. Baggio. Mancini. Totti. C'era una volta il totem, il numero icona. Quel 10 riservato ai fenomeni e che tutti sognavano sin da bambino. Ma i numeri andavano dall'1 all'11 e non avevano, salvo nell'ultimo periodo, il nome stampato sulla schiena. Quando il marketing e il merchandising non la facevano da padrone nel mondo del pallone. Ora è tutto diverso. Un numero stampato sulla maglia è diventato un marchio dell'economia globale pallonara e quando in ballo ci sono milioni niente viene lasciato al caso. Ma non sempre.

E così il nuovo numero icona sembra diventato il 7, quello che tutti vogliono. Non a caso CR7 è ormai un acronimo per l'asso portoghese, quasi un nome proprio. Quando in estate il terzino Danilo è arrivato alla Juventus, e quasi scherzando ha chiesto il 7 per sé, ovviamente ha dovuto subito ripiegare sul 13. E, sarà per emulazione o forse per moda, sono in tanti a volere sfidare Cristiano Ronaldo sul suo stesso campo. Sabato Fiorentina-Juventus, una gara tradizionalmente accesissima, si accenderà ulteriormente per la sfida tra CR7 e FR7, con il Viola Franck Ribery che vorrà dimostrare a tutti che il suo numero 7 non è solo un vezzo ma anche un simbolo di potere dove 7 è il nuovo 10. E proprio il numero 7 è stato oggetto del contendere anche in casa Inter. Dopo essere stato degradato e privato della 9 a favore di Lukaku, il 7 è stato il numero scelto da Icardi. Così quando Sanchez, abbonato a quel numero, è approdato in nerazzurro, ha chiesto a Di Marco la 11, facendo ripiegare il terzino sul 21. Ma l'ultimo giorno di mercato Icardi è partito in direzione Parigi lasciando il 7 libero. L'Inter ha chiesto e ottenuto la deroga alla lega calcio regalando la 7 a Sanchez. Con Di Marco rimasto doppiamente beffato e la sua 21 di ripiego. Chissà, magari diventerà un marchio pure lui.

Intanto da quando nella stagione 1995-96 in Italia si è applicata la numerazione fissa sono state tante le curiosità. Come quella volta che Baronio fu messo fuori rosa dal Perugia perché per il presidente Gaucci la sua numero 13, scelta per la data di nascita della figlia, portava sfortuna. O quando, sempre tra gli umbri, l'ironia del centrocampista Gatti lo spinse a scegliere il 44, in stile Zecchino d'oro. Mitica la scelta di Zamorano all'Inter: il suo 9 era di Ronaldo? Scelse il 18 e mise un + tra l'1 e l'8. Anche Sensi, ora con il 12 all'Inter, a Cesena scelse il 5. Come i sensi. E in molti alla Sampdoria spingevano perché l'argentino Maroni scegliesse un improbabile 2. Ci sono poi le scelte di cuore, come Quagliarella da sempre con il 27 in onore dello scomparso Niccolò Galli, suo compagno nelle nazionali giovanili, o Cristiano Lucarelli che scelse il 99 per la data di nascita del gruppo ultras del suo Livorno. Senza contare la scaramanzia.

Sarà un caso che al Napoli nessuno indossa la 17 che invece piace tanto a Immobile e Mandzukic? Chissà, non è più come una volta. Tanto che Roma, Milan, Torino, Atalanta e Sassuolo non hanno nemmeno un portiere con l'1, il 12 o il 22. È il calcio moderno, bellezza e non è solo questione di numeri.

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