A cambiargli la vita e la professione è stata una tragedia, la morte di Davide Astori cioè: «Avevo perso un leader nello spogliatoio e da quel momento presi a parlare di più con i viola per entrare nella loro testa e perfezionare la conoscenza psicologica dei singoli» la spiegazione didascalica di Stefano Pioli che è il manifesto della serenità e forse anche della positività con cui affronta questa prima curva della nuova stagione. A dispetto del suo curriculum nel derby che è un deficit allarmante: lungo le sfide vissute a Roma (con la Lazio), ad Appiano Gentile (con l'Inter) e a Milanello (col Milan da 2 a 0 a 2 a 4) un solo pareggio (2 a 2 con gol al '97 di Zapata) che gli costò il credito residuo e di fatto il successivo esonero. Conte invece li ha vinti tutti, tra Torino e Milano. «Non invidio nessuno, rispetto tutti i colleghi» è la sua risposta che non nasconde nemmeno l'imbarazzo per i precedenti. Perché dalla batosta del 9 febbraio pensa di aver tratto la lezione giusta. «Allora ci fermammo dopo 50 minuti, invece abbiamo capito che bisogna andare avanti fino al 95esimo» è il messaggio riservato allo spogliatoio recuperato integralmente. «Solo l'ultimo allenamento è stato svolto al completo e anche per questo non ci sentiamo favoriti» è la spiegazione indiretta di questa serenità che dura dal 13 giugno, da quattro mesi, e che avverte una sola assenza.
«Quella del pubblico, siamo una squadra giovane, avere i nostri tifosi ci farebbe bene» segnala forse senza sapere che nel frattempo i curvaioli han deciso di scortarli oggi pomeriggio fino allo stadio per far sentire loro incitamento e calore. Da gennaio, è Ibra il suo profeta, recuperato da qualche giorno e trovato «positivo, generoso, determinato e trascinatore», quattro aggettivi che offrono la dimensione del gigante svedese impegnato anche a giocare con i suoi allievi, tipo il finto litigio in allenamento con Daniel Maldini che ha scritto sui social postando la foto di uno scontro, «me la sono cavata». Romagnoli al rientro obbligato è uno dei tanti interrogativi senza risposta, Rebic può aspettare, Hauge, appena arrivato è «inserito benissimo» e il giudizio sembrerebbe accarezzare l'idea di farlo apparire a sorpresa con Saelemaekers a destra in ballottaggio con Castillejo.
Alla fine la pressione è sulle sue spalle («tutte le settimane ci sono esami da superare» la risposta filosofica) diventate più larghe dopo il lock down («ci siamo preparati bene»). E non certo perché un eventuale stop metterebbe in discussione il primato in classifica e la famosa Champions che non è un obbligo ma nemmeno un traguardo rinviabile.
«Anche se accadesse non cambierebbe il nostro futuro, abbiamo il dovere di crescere velocemente, questo sì» è la sua formula per aggirare l'insidia di mettere pressione a uno spogliatoio che deve mantenere la sua qualità ammirata negli ultimi mesi. Quale? La serenità, appunto, mai tradita nemmeno in occasione di quelle due sfide impegnative (contro Juve e Atalanta) che in altri tempi avrebbero mostrato tutta la fragilità collettiva.
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