Bisogna guardare il diritto e il rovescio di questa domenica di storie nerazzurre. Il signor Bonaventura non annuncia la buona ventura: per l'Inter, anzi, è una sventura. Diverso per il nerazzurro intinto in bergamasco, sceso a San Siro a miracol mostrare ancora una volta. L'anno scorso fu un 4-3, stavolta un parimenti sostanzioso 2-1 che alimenta la serie tabù, l'esaltazione della bestia nera calcistica e proclama la sesta sconfitta interista in campionato. Due gol del perfido Jack (nome d'arte di Giacomo) per l'autoflagellazione interista, a cui aggiungere pali e traverse colpiti da Guarin, Palacio, Jonathan e dal piede salvatore di Raimondi ad evitare un tap in di Icardi. Eppoi il tanto spreco nerazzurro, stavolta inteso nei due sensi: l'Atalanta nei primi quindici minuti ha rischiato tre volte il gol (ultima la traversa di Denis), l'Inter nel resto della partita ha sparato palloni verso la porta come cercasse lo strike del bowling. E si è fatta freddare. Freddato tutto: l'ottimismo delle ultime partite, freddata l'idea che la difesa abbia trovato miglior assestamento, raffreddato anche l'entusiasmo di Thohir che ha rilanciato insoddisfazione e qualche critica.
Ieri Mazzarri pareva a mani in alto. Come si domandasse: ora che faccio? Quando una squadra butta via, ancora una volta, occasioni, partita e risultato, c'è da farsi venire la depressione. Aggiungete che il tifo nerazzurro sta accentuando la distanza, lo sente sempre più colpevole e meno allenatore. Milano non è casa sua. Il tempo dirà. Partita ad instabilità naturale: bastava che le squadre allungassero passo e velocità e ne sortivano occasioni. L'Atalanta ne avute quattro (compreso un salvataggio nel finale di Jonathan sul tiro di Brienza) ed è stato ferale nei gol nati sullo stesso copione: errori dei nerazzurri milanesi. La prima volta Campagnaro rilancia il contropiede di Moralez e Bonaventura, con azione da solista impertinente, ha provato la conclusione che poteva portargli fiaschi e fischi o onori ed ovazioni. È andata bene la seconda.
Nel raddoppio, invece, Jack ha pescato la bambola della difesa interista: Alvarez doveva seguirlo e se n'è dimenticato, Jonathan, come già sulla prima rete, ha dimostrato di non sapere cosa sia l'arte difensiva, Handanovic è stato impacciato e si fatto passare la palla fra le gambe.
I gol vanno descritti perché dimostrano, ancora una volta, le sbadataggini ad origine controllata dell'assetto difensivo di Mazzarri. Poi il centrocampo ha provato a remare, Palacio e Icardi hanno tentato di sfruttare i tanti contropiede. E questa è stata l'altra stravaganza della partita: l'Atalanta gioca piacevole, sciolta ed anche raffinata nelle scelte. Ma pure un po' scriteriata se l'Inter ha trovato insperati spazi e contropiede proprio a casa sua. Solitamente capita il contrario, soprattutto in casa di una grande squadra. Obiezione vorrebbe dire che l'Inter non è grande, squadra non si sa.
Ieri sulla nerazzurra sono state subito nuvole, esattamente come su San Siro piombato nel freddo climatico e calcistico. Il gol di Bonaventura è stato annunciato, il pari un lampo creato un minuto dopo dal contropiede impostato da Palacio, concluso dal centravanti più somigliante (per ora nel fisico) a Bobo Vieri che l'Inter si ritrovi: scarto e tiro dell'argentino sono state una crocefissione alla sbarellata difesa avversaria. Lampo da giocatore vero, il resto da fegato ingrossato.
Come doveva essere quello di Mazzarri quando ha visto il gringo-bimbo, al primo gol da titolare (4° totale), tirar fuori maglietta con rituale dedica a Wanda, nel caso qualcuno non sapesse. Immaginate un po': Thohir lo attacca, Icardi fa il bimbo, la squadra annega. Manca solo il licenziamento per essere nero e pesto. Altro che nero e azzurro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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