Sembra ieri, ma in realtà sono già passati 13 anni e mezzo, che LeBron James esprimeva su Twitter il suo entusiasmo e la sua ammirazione per le prodezze balistiche di Steph Curry, che durante il Torneo Ncaa del 2008 stava trascinando la sua piccola università, Davidson, ai quarti di finale, stabilendo nel contempo il record universitario per canestri da tre punti in una stagione, 159. James, nato tre anni e mezzo prima di Curry, nello stesso reparto maternità dell'ospedale di Akron, nell'Ohio, era già alla quinta stagione nella Nba, avendo saltato il college, ed aveva uno status speciale, quasi da padre nobile, o forse fratello maggiore, di tutti i giovani talenti che stavano venendo su. Curry aveva colpito tutti per la sua facilità nel tiro da lontano, scoccato con quelle braccine apparentemente gracili a decorazione di un fisico antitetico rispetto a quello di James, e in quel momento non era dato sapere quale sarebbe stata la sua carriera nella Nba.
Una risposta che ora è arrivata, nell'ennesima sua forma positiva: non bastassero i tre titoli vinti e le due nomine come miglior giocatore del campionato, dalla notte italiana tra martedì e ieri Curry è anche il primatista assoluto di tiri da tre punti segnati, con 2978, totale destinato ovviamente ad aumentare. Il momento è arrivato dopo 4'27 del primo quarto della partita dei suoi Golden State Warriors a New York, dunque al Madison Square Garden, che nonostante lo sfacelo dei Knicks degli ultimi anni resta uno dei templi del basket, che lo si chiami La Mecca del basket o La più grande arena del mondo, soprannome in uso da decenni. Segnata la tripla numero 2974, che gli dava il record, Curry ha approfittato del fallo chiesto appositamente dal suo coach Steve Kerr per fermare il gioco e ha ricevuto i complimenti di tutti, nonché l'ovazione del pubblico, che pur teoricamente composto da tifosi dei Knicks mostrava un'alta densità di casacche col numero 30, scelto da Steph in onore del padre Dell, a suo tempo grande tiratore proprio nella Nba. Tutti a festeggiarlo: compagni di squadra, coach e persino Ray Allen, il grande ex giocatore a cui aveva appena tolto il record. A lui si è unito poco dopo Reggie Miller, altro straordinario giocatore e tiratore che era al Garden come commentatore televisivo ed era stato un altro dei modelli a cui si rifaceva il giovane Curry. Che nel 2019 aveva sconvolto tutti rivelando, lui abituato a segnare da ogni posizione in partita e, durante il riscaldamento, da vari punti dei palasport, di avere problemi alla vista causati dal cheratocono, una malattia degenerativa della cornea, poi corretti.
Ora il record, che è solo il coronamento di una carriera storica, su più fronti, perché è anche grazie a lui che nella Nba il tiro da tre ha aumentato la propria importanza: nel 2015-16 solo sei squadre su 30 effettuavano da oltre la linea almeno un
terzo dei propri tiri, mentre lo scorso anno erano salite a ben 28. Non ha dunque tutti i torti che dice che Curry ha fatto per il tiro da lontano quel che Michael Jordan fece per la schiacciata. In una parola, la storia.
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