Tifo contro, circondato da nemici. L'Europa è questa

Stasera nel mezzo della giungla amazonia l'Inghilterra, dove sono nato nel 1958, gioca contro l'Italia, dove abito dal 1998. Naturalmente, anche se da anni ormai un cane randagio, tiferò, come da sempre, per la nazionale inglese.
La mia patria ce l'ho nel sangue - come tutti - ed ecco perché l'Unione europea non può mai diventare uno Stati uniti d'Europa. A Lido di Dante (Ra), dove abito, sono circondato da nemici, non solo da quei nudisti che mi hanno rubato la spiaggia libera e che non vengono mai multati dallo Stato italiano, ma da un popolo intero. Peggio, ho da fare anche coi traditori - porca miseria - e proprio dentro casa mia.

Mi riferisco alla mia famiglia. Normalmente, Carla mia moglie, romagnola doc, è una donna abbastanza tranquilla. Ascolta Radio Maria, si confessa al prete, e si reca alla messa regolarmente. E buona notte. Se ne frega del calcio. Ma ogni volta che la nazionale di calcio italiana scende in campo diventa una feroce bestia - una specie di astuta serpe scatenata. E dimostra - ma tu guarda un po' - una strana competenza tecnica in riguardo. Ad esempio, quando ha segnato Mario Balotelli contro l'Irlanda al campionato di calcio europeo del 2012 non ero in casa ma mi ha telefonato subito per gridarmi: «Hai visto la rovesciata di Balotelli?» Una rovesciata, addirittura. Che donna. A volte, confesso, mi pento di non essere un musulmano: loro, sì, riescono a domare le loro donne, o no? Ma la mia pena, ogni volta che si sono i mondiali o gli europei, non finisce con la moglie. Figuriamoci. Nel mezzo, e fino al collo, ci sono coinvolti anche i nostri cinque figli, dai 10 anni in giù (tre femmine, e due maschi). Ieri, ho chiesto al maschio più grande, Francesco Winston, che ha 8 anni e che da mancino è in possesso di un sinistro micidiale: «Allora, per chi tifi? L'Inghilterra o l'Italia?». «L'Italia» mi ha risposto secco, il mio mostriciattolo. Ma come? «Ma sono italiano, papà», ha spiegato. Che Dio ci salvi. Agli europei del 2012 quando Balotelli segnava il suo secondo gol Francesco ballava e saltava come Hitler a Compiègne, vicino a Parigi, dopo la firma della resa francese del 22 giugno 1940. Nel frattempo, la Carla, da brava credente praticante, gridava: «Sì!!! Sai dove puoi mettere il tuo spread Merkel adesso!?». Caterina, invece, la più grande che ha 10 anni, com'è messa? «Mi piacciono tutti i due, papà, voglio il pareggio». diceva. Va beh, meglio di niente al limite.

Gli altri tre, nel frattempo, si accontentavano a cantare «Fratelli d'Italia» ogni tanto come le pecore nell'Animal Farm di George Orwell - tutti succubi del fascino del paese in cui furono nati da un padre inglese. Io, d'altronde - lo confesso e non è, lo so, una bella cosa - tifo sempre per l'avversario della nazionale italiana. E quando vince l'avversario sorrido di nascosto e sotto i baffi. Amo l'Italia ma mi da tanto fastidio, specialmente nel campo lavorativo-burocratico, e la vorrei distruggere per ricominciare da capo. Fatto sta: io sono inglese. Insomma, lasciamo stare i musulmani che non si integrano. Neppure, io, inglese, mi integro. Potrei, volendo, diventare un italiano, essendo residente in Italia da più di 10 anni. Lo voglio fare? Non scherziamo.

Ecco perché uno Stati uniti d'Europa non ci sarà mai. Il calcio ce lo insegna. Cerchiamo di immaginare una squadra di calcio europea. L'idea è inconcepibile. Evviva l'Inghilterra! E evviva l'Italia! Evviva i mondiali del calcio!

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