"Vanagloria e vizi capitali un disastro per il mondo. Fede e Giochi sono la cura"

L'azzurro del tiro a volo: "Le Olimpiadi un'opera dell'uomo, credo nei segni"

"Vanagloria e vizi capitali un disastro per il mondo. Fede e Giochi sono la cura"
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Non ne può parlare perché il ct Marco Conti ha messo il bavaglio a tutta la squadra alla vigilia delle qualificazioni di tiro a volo e Johnny Pellielo alle regole tiene parecchio. Certamente, però, non gli è piaciuta la rappresentazione drag queen dell'Ultima cena o dir si voglia, durante la cerimonia. Non ne può parlare ma di sicuro ha fatto caso a questa olimpiade in cui sono tolleranti con tutti ma non rispettano il cristianesimo. Però nella chiacchierata della vigilia, prima che la squadra entrasse in una bolla, viene fuori il senso della vita e dello sport per Johnny, 54 anni, pluri iridato di tiro a volo e medagliato olimpico. Il cecchino di Dio, questo uno dei suoi molti soprannomi per via degli studi teologici e del fucile che imbraccia.

Lei non spara solo, lei dà lezioni di vita. Dal '92, sua prima olimpiade ad oggi è cambiato il mondo. E non in meglio.

«Ne abbiamo viste di tutti i colori e continuiamo a vederne. Purtroppo il mondo fa parte di quella categoria di cose da cui Gesù si era dissociato, io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo. Si riferiva proprio al fatto che i valori universalmente riconosciuti come pace, bene, amore eccetera, spesso cozzano con le esigenze dell'uomo che ha sete di potere, conquista, vanagloria, vizi capitali. Tutto ciò che poi genera i disastri che sono sotto i nostri occhi».

Ma lei crede al potere taumaturgico delle olimpiadi?

«Ci credo perché credo nei segni. La fede si manifesta nelle opere e le olimpiadi sono una delle opere dell'uomo che in qualche modo rappresentano un segno molto forte e andrebbero però vissute con questo spirito, diciamo con questo messaggio universale di fratellanza e vicinanza dello sport che accomuna tutte gli uomini, le donne, le razze, le religioni. Tutti uguali come davanti a Dio e alla legge».

Possiamo illuderci che dopo queste due settimane qualcosa cambi?

«Sono sempre fiducioso, la speranza mai deve abbandonare l'uomo e mi auguro che per lo meno i Giochi inducano le menti a riflessioni profonde».

Otto olimpiadi, eguagliati i D'Inzeo. Manca ancora l'oro.

«L'oro ce l'ho da quando ho iniziato. Di ori nella vita ne ho vinti tanti e non sono solo quelli sportivi. E sono dentro di me; hanno un valore ben diverso».

Tiratore al volo, teologo, uomo di profonda fede, mental coach e anche ballerino.

«Sono stato campione italiano juniores di ballo liscio, valzer, mazurka, tango, ci andavo con mia cugina. La ritualistica del ballo è preminente in molte tradizioni e manifestazioni religiose».

E col tiro è un po' Clint Eastwood nei film di Sergio Leone.

«Guardi che il tiro a volo è una disciplina meditativa: c'è il silenzio, ascoltiamo il nostro cuore e respiro, mentre gareggiamo siamo soli con noi stessi. È una gara lunga, dura due giorni. E comunque tutti i miei approfondimenti culturali sono stati in funzione della disciplina che pratico. Lo sport impone regole. Se vogliamo metterci in difficoltà, diamoci delle regole, pensiamo alla regola di San Benedetto, era così rigida che neppure i suoi monaci riuscivano a rispettarla. Se oggi ci fossero regole a 360 gradi e fossero applicate, vivremmo in un mondo migliore».

Il tiro a volo insegna a stare dentro le regole?

«Sì, prima di tutto a livello morale. Perché abbiamo il porto d'armi. Bisogna mostrarsi equilibrati, pensi a quando si va in auto, in strada, pensi a che cosa non succede, le suonano, le urlano, la insultano... quindi chi ha il porto d'armi fa fatica anche a rispondere a queste cose, a stare in silenzio. Anche perché una denuncia o una querela e te lo tolgono».

Succede di tutto per le strade?

«Io sposo sempre la linea della prudenza e della non violenza, cercando di tirare fuori il meglio anche dalla persona peggiore. Spesso queste persone non vengono neppure ascoltate in questa società che core corre, che parla e non ascolta. Se lo si facesse di più, il mondo sarebbe migliore. Dobbiamo amare il prossimo. Ma resto convinto che queste persone squilibrate siano probabilmente poco ascoltate. È un po' come la solitudine degli anziani».

Lei gareggia per le Guardie penitenziarie: oltre 50 suicidi in carcere da inizio anno.

«Guardi, mi hanno chiesto di non parlarne».

Lei, la sua fede, ma il fucile resta uno strumento di violenza.

«Sì, purtroppo è collegato alla violenza perché l'uomo ha fatto un uso improprio degli strumenti che ha creato. La risonanza magnetica nucleare serve a salvare le persone. Ma la bomba atomica le uccide. L'uomo fa scoperte grazie all'intelligenza e ai doni dello spirito, e poi le applica in modo malevolo».

Si arrabbia mai?

«Sì, mi arrabbio moltissimo.

Tutte le persone buone si arrabbiano moltissimo, guardati dall'ira dell'uomo buono dicevano. L'uomo buono è molto iracondo perché si accorge se non si dice la verità e lo vive come un insulto. E la verità rende liberi. Per questo l'uomo di oggi non è schiavo».

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