nostro inviato a Monte Carlo
Sabato «what a fuck», cioè «ecchecavolo questa macchina va peggio e sembra un'altra». Ieri un san Sebastian auto flagellante. In mezzo, a spiegare la conversione da furia ad angioletto, forse una serata e un mattino di chiarimenti tra pilota e piani alti del team. Anche perché il precedente del «ma siete degli scemi o dei geni...» di alonsiana memoria non è mai stato completamente digerito a Maranello. Seb Vettel, dopo gara su una pista dove per statuto non si sorpassa, si presenta infatti davanti alla stampa battendosi il petto. «Colpa mia, colpa mia» dice, «mentre ero dietro Massa avrei dovuto far di più per sorpassarlo».
E vien voglia di consolarlo il Seb, di dirgli ma guarda Raikkonen cosa ha combinato? Kimi che per inciso Arrivabene liquiderà dicendo «Monaco è una gara che lui non vorrebbe fare...»). Invece Vettel addirittura sorride, e per la verità non c'è nulla di cui sorridere nel giorno in cui la Ferrari manca l'ennesimo appuntamento con qualcosa e soprattutto manca il podio per la prima volta quest'anno. Eppure il tedesco pare un'altra persona rispetto al ragazzo scuro in volto di sabato. Sembra addolcito. Spiega: «Sabato non avevamo fatto un buon lavoro (ecco perché il what a fuck via radio), ma adesso è stata colpa mia e mi scuso. Avrei dovuto fare di più...
avrei dovuto raggiungere almeno il podio, il pit stop era stato fantastico, mi aveva permesso di passare Rosberg, invece poi...». Poi quella gara eternamente quarto dietro la Force India di Perez che pareva invalicabile. La Force India. Mica bello.
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