Nel fruscio della brezza marina della Fontanassa di Savona si alza in volo Lamont Marcell Jacobs che nella batteria dei 100 al Memorial Ottolia si prende il record italiano dei 100 metri correndo in 995. Una brezza gentile, vento favorevole e regolare di un metro e mezzo, quinto tempo mondiale dell'anno dietro il muro americano del bizzoso Brommel (988), unico europeo. Eh, sì, questo poliziotto nato ad El Paso il 26 settembre 1994, da padre texano e madre italiana è cresciuto, iniziando a 10 anni, sulla pista di Desenzano del Garda.
Ci aspettavamo la sua progressione da record, dopo averlo visto correre in 891 la frazione lanciata al mondiale di staffette, eravamo sicuri che sarebbe andato sotto i 10 secondi, ci aspettavamo la scintilla soprattutto se avesse potuto incontrare Filippo Tortu. Il ragazzo resta d'oro con il suo meno 10 per cancellare il record di Mennea di un centesimo. Aveva 20 anni. Pista di Madrid il 22 giugno del 2018. Adesso, però, deve inseguire questo campione dalla muscolatura possente, la seta dei grandi velocisti, lui che ha dovuto scegliere la corsa dopo il salto in lungo. Marcell e la sua vita senza contemplazioni: padre di Jeremy a vent'anni, puma della pedana nel campionato promesse nel 2016 dopo mesi di lavoro con Paolo Camossi (artista del triplo), anche se il suo 8.48 non fu considerato record per un vento superiore ai 2 metri. Quando tutto sembrava fiorire, ecco i tormenti che hanno cambiato la sua vita, gli obiettivi, facendo però crescere l'uomo. La delusione nel lungo agli europei indoor del 2017, la lesione al bicipite femorale, una porta che si chiudeva e che soltanto lui e Camossi, due leoni, potevano riaprire. Basta salti. Via con la velocità, anche se come ieri in partenza nella batteria a Savona ci ha messo un po' per trovare i binari giusti dove far volare il treno che ha nel cuore, i suoi 188 centimetri e i quasi 80 chili che non sono facili da portare fra i piedi veloci del mondo.
Corre, pensa, ama, legge, lavora duro. A ventisei anni può sognare di essere un finalista sui 100 alle prossime Olimpiadi e se nella staffetta veloce con Tortu potrà entrare anche il Lorenzo Patta, classe 2000, che ieri a Savona, assente Marcell, rimesso al caldo nella finale per non correre rischi, ha vinto i 100 in 1013, allora a Tokio potremo sognare.
Sapevamo che poteva essere lui il più veloce in Italia dopo averlo visto agli europei di Torun quando con il record italiano dei 60 in 647 si era preso l'oro. Ci stava stretto su quella distanza così breve, con poco spazio per mettere in movimento il Jacobs express. Lo ha fatto camminando sullo spartito musicale del Camossi. Una coppia che ci ricorda i grandi abbinamenti della nostra atletica quando riuscivamo a presentare al mondo campioni veri. Fare e non parlare. Correre cercando di pensare, vivere l'atletica ascoltando il cuore, sentirsi un campione a disposizione degli altri. Ci piace il corridore, ci ha conquistato il personaggio. Ora guardi pure lontano senza farsi coinvolgere dalle luci un po' artificiali che si accendono. Il suo essere campione non deve entrare in contrasto con l'isola forse un po' troppo illuminata dove vive Tortu padrone dell'Arena: «Bravo Marcell! Mi stimolerà ancora di più».
Ci bastano così, sapendo che nel mondo dei 100 metri si può sognare soltanto andando vicino ai 990. Non sembrano lontani, basta che nessuno invada la corsia di questi velocisti che inseguono Berruti («è di buon augurio per le Olimpiadi», il suo applauso) e Mennea.
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