da Batticaloa (Sri Lanka)
«In mezzo alla giungla ho visto dei bambini piccoli, che ancora non camminavano, strappati dalle braccia dei genitori dalla forza della corrente. Lacqua se li è portati via per sempre» urla unanziana e sdentata tamil appena capisce che nella misera tendopoli per i profughi è arrivato un giornalista. Non si sa come sia riuscita a oltrepassare la giungla per sfuggire ai bombardamenti che da mesi martellano la zona attorno a Varakai, nello Sri Lanka orientale, controllata dalle «tigri» dellLtte (Liberation Tigers of Tamil Eelam). Quindicimila persone, non solo «terroristi» tamil, ma pure donne, vecchi e bambini sono intrappolati nella sacca assediata dallesercito, che vuole ripulire lest del Paese dalle enclave controllate dalle tigri. Molti farmaci sono finiti, scarseggia il cibo e lartiglieria martella quotidianamente la zona di Varakai, che ieri è caduta nella mani dei governativi dopo unora di aspri combattimenti e 376 morti, 331 ribelli e 45 militari. Oltre 73mila tamil sono fuggiti dallassedio diventando rifugiati in casa loro. Almeno 41mila vivono nei campi profughi o in tendopoli come questa di Vaddavan, la prima allesterno della sacca.
Sellathambi Sokalingam, un gigante duomo di 56 anni, fuggito dallassedio la scorsa settimana, descrive una situazione drammatica. «Le bombe piovono ovunque e in un solo giorno abbiamo seppellito i resti mutilati di 90 persone. Non ci restava altro da fare che fuggire. Con i miei figli abbiamo camminato per due giorni e una notte nella giungla, mentre le granate cadevano attorno o fischiavano sopra la testa.
Il passaggio più difficile è il guado di un fiume con lacqua che ti arriva alla gola. Io sono alto e ho portato in spalla anche i figli degli altri, ma so che alcuni bambini non ce lhanno fatta». Dopo la marcia nella giungla i profughi vengono fermati dai soldati, che li rifocillano e li trasportano nei campi. Altri scelgono la fuga via mare, ma le onde hanno ribaltato una barca di otto profughi facendoli annegare.
La tendopoli di Vaddavan ospita 113 famiglie, che vivono sotto le tende coperte dai teloni impermeabili azzurri dellUnhcr, lagenzia per i rifugiati dellOnu. A causa della difficile traversata nella giungla hanno potuto portarsi via poche cose e le necessità sono basilari: vestiti, cibo e igiene. Sumathi è una ragazza di ventanni, carina e timida, spaesata in mezzo alla tendopoli avvolta da un caldo umido che sta aumentando. «Durante i bombardamenti mia zia si era rifugiata nellospedale di Vakarai pensando che fosse il posto più sicuro racconta la giovane tamil . Quando stava per tornare a casa è piombata una granata allesterno, che lha fatta a pezzi. Se fossimo rimasti lalternativa era morire sotto le bombe o di fame». Ieri lesercito ha «liberato» lospedale accusando le tigri di averlo utilizzato per i tiri dartiglieria ed essersi fatti scudo con i degenti mentre lospedale gestito dalla Croce rossa italiana è stato evacuato dopo che un campo profughi lì vicino era stato colpito dalle bombe. Il dramma della nuova vampata di guerra etnica fra maggioranza cingalese e minoranza tamil si sta consumando in silenzio, nonostante dalla ripresa delle ostilità, circa nove mesi fa, sarebbero già morte tremila persone. Laspetto più incredibile è che a meno di cento chilometri ad ovest, i turisti continuano ignari a farsi trasportare in groppa agli elefanti in mezzo alla lussureggiante natura dello Sri Lanka.
I militari sembrano aver preso la mano ai politici. Dallo scorso luglio con la tattica dellassedio e di avanzate mirate, non sempre coronate da successo, puntano a far crollare le enclave delle tigri nellest del Paese. Gli aerei spia, che sarebbero stati forniti dagli israeliani, servono a migliorare il tiro dellartiglieria e i bombardamenti dei caccia. Le tigri contano su 10mila uomini e le zone sotto il loro controllo, ovvero uncleared, come vengono chiamate dai governativi, sono disseminate a macchia di leopardo nei tre distretti orientali di Ampare, Batticaloa e Trincomalee.
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