Stangati i Cobas, furbetti delle quote latte Ora sono guai: aggirate le norme comunitarie

Cinque anni e mezzo all’ex leader Crippa: "In Italia si fanno i processi solo per chi a casa propria porta le donne e per chi munge le vacche e procura il latte". Con altri 14 allevatori intascava le multe per la produzione in eccesso: truffa da 100 milioni

Stangati i Cobas, furbetti delle quote latte 
Ora sono guai: aggirate le norme comunitarie

Milano - A udienza appena conclusa, il «Robin Hood» degli allevatori azzarda il paragone. «In Italia si fanno i processi solo per chi a casa propria porta le donne e per chi munge le vacche e procura il latte». Avventurosa la simmetria, pesante la sentenza. Perché Alessio Crippa - già leader dei Cobas che bloccarono le strade della Brianza con mucche e trattori - esce dal tribunale di Milano con una condanna sul groppone. Cinque anni e mezzo di reclusione, oltre a un maxi risarcimento all’Agea (all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura andranno 30 milioni di euro) e alle altri parti civili che si erano costituite nel processo contro i «furbetti» delle quote latte. Quelli che, stabiliscono i giudici della quarta sezione penale, hanno aggirato le normative sul quantitativo massimo di produzione, sottraendo alle casse pubbliche 100 milioni di euro tra il 2003 e il 2008.
È in buona compagnia, Crippa. Con lui, infatti, è stato condannato anche il suo braccio destro Gianluca Paganelli (2 anni e mezzo di carcere e a 800 euro di multa), mentre pene comprese tra un anno e un anno e mezzo di carcere sono state comminate a 14 produttori di latte accusati di concorso in truffa. Condannate a 100mila euro di sanzione pecuniaria ciascuna (oltre a una confisca da 18 milioni) anche le cooperative «La Lombarda scarl» e «La Latteria di Milano scarl», di cui Crippa è stato legale rappresentante. Tre, infine, le assoluzioni. «Una sentenza epocale», è il commento di Mario Guidi, presidente di Confagricoltura. E «giustizia è fatta», l’affondo della Coldiretti.
Ma che fine hanno fatto quei 100 milioni? In pratica, sono rimasi nelle tasche degli allevatori. Perché in qualità di «agenti della riscossione» per conto dell’Agenzia (e di qui l’accusa di peculato contestata a Crippa), le cooperative e i soci prelevavano le multe per le quote di latte prodotte in eccesso, salvo poi appropriarsi di quelle somme. La «strategia di elusione del versamento», come l’aveva definita la Procura, si appoggiava anche su una serie di ricorsi il cui scopo era quello di ottenere da un giudice la sospensione urgente dei versamenti dovuti all’Agea. Alla fine, gli allevatori non versavano più nulla e continuavano a superare il tetto di produzione. Quei 100 milioni - che avrebbero dovuto finire a Bruxelles - ora l’Italia rischia di doverli risarcire due volte. Da un lato perché l’Europa ha già decurtato le cifre dovute per le politiche agricole. Dall’altro, perché potrebbe decidere di aprire una procedura di infrazione.
Ma il caso delle quote latte non finisce con la sentenza di ieri. Da un lato, l’inchiesta della Guardia di finanza di Milano racconta che la truffa era estesa anche al Piemonte, al Veneto e all’Emilia Romagna. Dall’altro, c’è il nodo politico. Ovvero, la sponda offerta dalla Lega ai Cobas. Il Carroccio, infatti, si è sempre mostrato sensibile alle rivendicazioni degli allevatori, tanto da chiedere che il pagamento delle multe fosse «congelato». Un’ipotesi che aveva scatenato le ire dell’allora ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan («È l’ennesima beffa per i lavoratori onesti»).

Non dev’essere un caso se a Torino, dove il processo ha già raggiunto il secondo grado, è stato condannato a 4 anni e mezzo Giovanni Robusti, ex portavoce nazionale dei produttori di latte ed ex europarlamentare leghista.

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