la stanza di Mario CerviLe guerre moderne si vincono con i droni. Per fortuna dell'Europa

Caro Cervi, la sua ultima frase d'una recente risposta sul nostro Giornale mi intriga. Da settant'anni - diceva lei - l'Europa è immune da guerre. Sì, ci ho pensato spesso. Evviva. Purtroppo altra gente e altre culture si sono invece addestrate sul campo in questi settant'anni e sono preparatissimi. Noi, dopo tre generazioni da pacifici cittadini, saremmo - in caso dovessimo essere attaccati - come delle educande in preda agli Unni. Dureremmo circa un quarto d'ora prima di essere sgozzati tutti quanti. Tutto ciò non so cosa veramente significhi, ma certamente premierebbe la legge di Darwin (legge dura e che odio, ma Lex).
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Caro Castelli, il suo ragionamento filerebbe alla perfezione se le guerre del terzo millennio dovessero essere combattute non dico come quelle degli Unni, ma come quella del 1914-1918. Già nel secondo conflitto mondiale gli Stati Uniti dimostrarono che si poteva vincere con la jeep, con le navi «liberty» e con il DC3 più che con lo slancio e l'aggressività degli uomini mandati a combattere. Una guerra importante vedrebbe in campo i droni, aerei senza pilota capaci di seminare il terrore nelle file nemiche, e chissà quali altre diavolerie. Per non parlare degli ordigni atomici. Siamo, noi poco allenati, i detentori d'un patrimonio tecnico - oltre che culturale e morale - da nessun altro eguagliato.

Naturalmente dobbiamo trovarci pronti ad affrontare gli allenati il giorno in cui si muovessero. Per questo ritengo sconsiderate le opposizioni - nel nome d'una socialità indifferenziata e inerme - alle spese militari, inclusa quella per gli F35.

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