da Roma
Sembra una giravolta a 360 gradi quella del Csm e dellAnm che finiscono con il dare ragione al ministro Mastella sul caso del magistrato di Genova, Enrico Zucca, contro cui si sono schierati i parenti e parte dellopinione pubblica per aver lasciato in libertà lassassino di Maria Antonietta Multari nonostante i molti indizi che lo indicavano colpevole dellomicidio della precedente fidanzata.
Sembra passato il tempo della difesa ad oltranza di qualunque magistrato venisse attaccato da un politico, soprattutto da un politico del centrodestra. Adesso lAnm dà ragione al Guardasigilli, e il presidente dellAssociazione magistrati ligure, Anna Canepa, dichiara di «apprezzare che il ministro pur avendo il titolo per dire la sua, prima vuole comprendere come sono andati i fatti e capire perché la magistratura ha agito così». Nessuna difesa aprioristica quindi del pm genovese, ma anche linvito a non lanciare accuse senza elementi. Una svolta quindi dellAnm dopo i toni duri di ieri del presidente dellAnm, Giuseppe Gennaro contro il ministro Mastella che aveva chiesto gli atti al Tribunale di Genova per acquisire elementi di giudizio e inviare eventuali ispezioni.
Uninversione di tendenza anche da parte del Csm, che ci aveva abituato in passato a difendere ad oltranza qualunque magistrato attaccato da un politico e che invece nellultima legislatura, iniziata a luglio 2006 e presieduta da Nicola Mancino, si scopre che sono state definite soltanto due pratiche di autotutela. Una riferita allelenco dei magistrati trovati negli uffici del Sismi, dove a dirigere era lormai noto Pio Pompa, e laltra in difesa dei magistrati baresi, in occasione di un dibattito parlamentare per lautorizzazione agli arresti domiciliari del deputato Raffaele Fitto di Fi. «Per il resto - spiega il componente togato del Csm Fabio Roia di Unicost - nellattività della prima Commissione (quella che si occupa dellautotutela dei magistrati ndr) ormai è passata la linea che non è sufficiente un attacco ad un singolo magistrato per intervenire, ma solo quando questattacco ha ripercussione sullintera attività dellufficio a cui appartiene quel magistrato». Sembrano finiti i tempi nei quali ad ogni affermazione di Silvio Berlusconi, allora premier, si alzavano le barricate dellAnm e del Csm, come il 2 febbraio 2006 quando il premier attaccava la procura di Milano per avere insabbiato le indagini sul caso Unipol e lallora vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni, bollava come «attacco denigratorio» le parole del premier. Una svolta quella del Csm che lo stesso Alfredo Mantovano, senatore di An, sottolinea con stupito favore: «Se adesso il Csm decidesse anche di puntare di più sugli aspetti della formazione e sulla deontologia avremmo fatto bingo!» Insomma il Csm «si è dato una regolata», sottolinea Michele Saponara, ex-deputato di Fi, oggi laico nel Csm, che ricorda «la prassi esorbitante del Consiglio Superiore della Magistratura» e, una per tutte, la difesa del pool di Milano, nel 1995, a proposito della fuga di notizie attraverso i giornali dellavviso di garanzia nei confronti di Silvio Berlusconi premier, mentre presiedeva a Napoli la conferenza dellOnu sulla criminalità organizzata.
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