nostro inviato a Pechino
LItalia, quella dello sport, è pronta a sfilare nello stadio di Pechino. Antonio Rossi davanti a tutti, tricolore fra le mani e il mondo azzurro al suo fianco. Ieri alzabandiera nel villaggio olimpico, Fratelli dItalia sulla bocca degli atleti, tricolore issato in cima al pennone accompagnato da sincronismi perfetti con linno. Respinta con perdite la voglia di boicottaggio. Mario Pescante, parlamentare italiano, ex presidente del Coni, ora membro del comitato olimpico, ha parlato di baruffe chiozzotte. «Ho letto e messo via». Lambasciatore a Pechino, Riccardo Sessa, ha fatto sapere che i cinesi non si sono offesi. «Nessun passo delle autorità».
Gianni Petrucci, presidente del Coni, ha messo la parola fine a tutto questo ciacolare a scoppio ritardato restituendo alla politica la palla messa fra i piedi dello sport. «Fin dallinizio abbiamo detto di essere contrari al boicottaggio. Ogni atleta avrà libertà di esprimere il proprio pensiero, ma rispettando le regole dei Giochi. I gesti simbolici non saranno puniti». LItalia non gradirà alcun gesto clamoroso dagli atleti, se poi qualcuno vorrà lanciare sommessi segnali, libero di farlo.
Petrucci ieri ha espresso il pensiero che corre di bocca in bocca nel mondo azzurro. E non solo da questi ultimi giorni. «Perché lo sport dovrebbe arrivare dove la politica non riesce? Noi abbiamo il compito di rappresentare lo sport italiano, forse qualcuno ha mai detto agli industriali di non investire in Cina?». Non piacciono i colpi bassi della politica, non convincono le dietrologie che hanno visto un attacco al presidente del Coni dietro alle scosse telluriche della Meloni e di Gasparri. «Se era un attacco alla mia persona non me ne sono accorto. Fra laltro con Gasparri ho un buon rapporto». Capitolo chiuso, ha concluso, non certo casualmente, Petrucci. Ma Giorgia Meloni, ministro della Gioventù, rilancia: «Almeno così si è parlato di diritti. Repressione e politica del figlio unico non vanno dimenticate». E la Meloni trova una sponda nel ministro della Difesa, Ignazio La Russa. «È giusto che chi vuole protestare possa farlo».
LItalia dello sport ora si preoccuperà di medaglie e di non farsi più risucchiare nel veleno del doping. Quella la vera guerra che Petrucci vuol combattere. «Dobbiamo intervenire drasticamente. Chi vuol collaborare faccia i nomi di chi gli ha venduto la droga». E questo sarebbe lunico boicottaggio gradito dallo sport.
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