Sono giovani, rampanti. Laureati. E ignoranti. «Abbiamo» scritto con l'acca («habbiamo»), correzione con due zeta («correzzione»), spunta l'apostrofo tra le parole «un» e «altro». Altro che le parole «t'amo». Vi fareste difendere da questi uomini di legge? Eppure sono solo alcuni degli strafalcioni messi nero su bianco dagli aspiranti avvocati che i componenti delle commissioni di esame di Stato, in particolare a Torino, si sono trovati a fronteggiare.
«Per un motivo o per l'altro - dice uno dei componenti del collegio d'esame commissari - ne abbiamo ammessi alle prove orali una media di tre su dieci. Facendo uno sforzo». A Torino, in questa sessione, vengono corrette le prove dei candidati di Bari. «Personalmente - spiega il commissario all'agenzia Ansa, che è un veterano del foro torinese - ho stabilito che non può certo passare agli orali chi mostra di non conoscere la lingua italiana. E allora boccio».
Ovvio? Di questi tempi mica tanto. «Lasciando perdere le questioni di stile - continua il commissario -, ho trovato errori di morfologia, grammatica, sintassi». Con i paradossi del caso: «Ho visto, per esempio, un caso di "violenza della norma" anziché "violazione" della norma. Per non parlare della (mancata) conoscenza dei meccanismi del diritto».
C'è poco da sorridere, però.
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