RomaUnesplosione tremenda, seguita da una serie di boati. Poi un inferno di fuoco, fango nero come la pirite e macerie, che hanno dilaniato i corpi di sei persone. La fabbrica di fuochi dartificio «Cancelli» a Carnello di Arpino, in provincia di Frosinone, da ieri non esiste più. È stata rasa al suolo in un incidente nel quale hanno perso la vita il titolare, Claudio Cancelli, 65 anni, i figli Gianni e Giuseppe, di 42 e 45 anni, Giulio Campoli, titolare dellomonima azienda pirotecnica con sede a Veroli, Enrico Battista, che lavorava come operaio e un cliente, Franco Lorini. Si tratta dellennesima esplosione in un laboratorio pirotecnico: una serie di incidenti diventata nel nostro Pease drammaticamente lunga.Sembrava un destino già tracciato per Claudio Cancelli. Il 12 luglio del 94, infatti, era sopravvissuto miracolosamente a una tragedia analoga nellazienda «Fratelli Angelo e Donato Cancelli» a Balsorano, in provincia de LAquila, nella quale morirono tre nipoti e due operai, mentre un terzo dipendente rimase sfigurato.
Quello di ieri, invece, è il bilancio più pesante che si ricordi dal 2001 a oggi in Italia in un settore estremamente pericoloso, dove si contano 24 vittime negli ultimi quattro anni. Lunica certezza è il boato terribile che alle 14.45 ha scosso non solo via SantAltissimo, dove si trovava la fabbrica, ma la zona per chilometri fino al comune di Sora. Da una prima ricostruzione dellincidente effettuata dalle forze dellordine, sembrerebbe che la deflagrazione sia avvenuta in uno dei tre capannoni, proprio nel locale adibito alla preparazione del materiale pirotecnico, mentre alcune delle vittime stavano confezionando i fuochi dartificio e gli altri caricavano il materiale pronto, pronto per essere distribuito per alcune feste patronali nei dintorni. La deflagrazione ha provocato incendi nei depositi e nelle zone boschive limitrofe, con fiamme altissime, che hanno richiesto lintervento di sei squadre dei squadre dei vigili del fuoco del Comando provinciale di Frosinone. Al lavoro anche uomini del 118, insieme a carabinieri e polizia, coordinati dal magistrato della procura della Repubblica di Cassino, Francesco Cerullo. Per fortuna lazienda si trovava in una località distante dal centro abitato e per questo la macabra sequenza, che ha provocato dopo il primo scoppio lesplosione di altre «casematte», non ha creato ulteriori problemi alla popolazione.«Una tragedia immane - racconta in lacrime lassessore alle Attività produttive di Arpino, Antonio Venditti -. Abbiamo sentito lo scoppio spaventoso e abbiamo visto la fabbrica rasa al suolo. Sembrava di assistere a uno scenario di guerra con macchine accartocciate, mura crepate, blocchi di tufo e cemento a decine di metri dalledificio. Questo è un piccolo paese, non siamo abituati a episodi di questo tipo. Siamo tutti parenti e amici, conoscevo le vittime».
Gli elicotteri dei vigili del fuoco hanno continuato per ore a gettare dallalto acqua sul fuoco, per domare le fiamme che rischiavano di propagarsi verso la montagna, mentre le squadre a terra scavavano tra le macerie per recuperare quei corpi martoriati. Solamente ai familiari delle vittime, scortati dalla squadra di supporto psicologico della Asl, è stato infine concesso di accedere allinterno dellarea transennata per identificare i propri cari. Nel tardo pomeriggio anche i carabinieri del Noe di Roma hanno raggiunto Arpino per controllare gli impianti di smaltimento delle sostanze prodotte dalla fabbrica e accertare se, a seguito dellesplosione, potrebbe esserci un impatto ambientale. «La drammatica e sconcertante frequenza con cui si ripetono simili episodi desta sdegno in tutti noi», ha commentato il Presidente del Senato Renato Schifani.
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