Lo strano dizionario finiano dove chi se ne va è "epurato"

Tra i berlusconiani e la fronda degli ex An il confronto è ormai impossibile: dall’addio di Bocchino ai contratti Rai nel Pdl siamo al muro contro muro

Sono le tre del pomeriggio e alla buvette di Montecitorio ci sono tre camerieri, una guantiera di paste ancora illibata, una serie di panini incelofanati e due deputati, uno è finiano, l’altro no. L’altro è semplicemente del Pdl. Sono passati qui per sbaglio, in attesa di partire, come accade tutti i venerdì che Dio manda in terra. Sono amici e stanno discutendo di Italo Bocchino.
«Ci siete riusciti. Complimenti».
«Complimenti cosa?».
«Lo avete cacciato».
«Ma se si è dimesso lui».
«Non si è dimesso. È stato dimissionato».
«Dimissionato? Ma che parola è. Uno che dice mi dimetto, si è dimesso. Semplicemente dimesso».
«Ha dato le dimissioni perché sapeva che l’avrebbero fatto fuori. Ha voluto far scoppiare il caso. E ha vinto lui. È andata esattamente come se lo aspettava».
«È come uno che si suicida per dimostrare che volevano assassinarlo».
«Ha anticipato le vostre epurazioni».
«Epurazioni? Si è dimesso».
«Epurato».
«Dimesso».
«Epurato».
«Dimesso».
Si potrebbe andare avanti così all’infinito. Alla fine un cameriere urla che sono le tre e trenta e i due capiscono che è tardi. Devono prendere un taxi insieme. Dove? A Montecitorio. No alla Camera. A Montecitorio. No alla Camera. Forse lo perdono.
Qui serve un mediatore culturale. Un parlamentare che non ha nessuna voglia di farsi riconoscere si è ormai convinto che il Pdl è vittima di un incantesimo. Qualcuno ha avvelenato le parole, le ha rovesciate, sparse qua e là, sfregiate, rese irriconoscibili e così se i berlusconiani dicono confronto i finiani capiscono scontro e viceversa. È il caos del vocabolario allo specchio. È la torre di Babele. È una di quelle storie da realismo magico sudamericano, dove un’intera comunità prende fischi per fiaschi e si azzuffa, si maledice, taglia le gomme al vicino di casa e innaffia i fiori nel momento esatto in cui il maledetto passa sotto il balcone. In questa storia poi c’è qualcuno che bara, qualcuno che è sordo per davvero, qualcuno che balbetta, tutti comunque ci sguazzano. Rabbia e mal di pancia fanno il resto. Come tradurre i sospiri in altre lingue? Come tradurre due popoli che non si capiscono più e non si fidano, ognuno arroccato nel proprio scetticismo, con le parole rivoltate fino allo sputo. Chi spiega ai finiani che una notizia non è una bastonatura? Se la Rai appalta un milione e mezzo di euro alla suocera di Fini e sei milioni alla moglie di Bocchino questo giornale lo scrive. Pensa che sia una notizia. Pensa che possa interessare ai propri lettori. Il fatto c’è, esiste. È carta e contratto. È un’infamia? Non dovrebbe. Se non c’è nulla di losco nessuno dovrebbe preoccuparsi. La Rai fa appalti, li fa a chi vuole e non c’è motivo di tenerli nascosti. La trasparenza non è un peccato. Il Giornale pubblica e lo fa sapere ai lettori. È una notizia. Ma qui ricomincia il tormentone. Notizia. Bastonatura. Notizia. Manganello. Notizia. Fango. Notizia. Merda. Notizia. Fascisti. Fascisti a chi? A noi. No, no a voi. Ma una volta non eravate voi i fascisti? Una volta era una volta.
Le correnti sono una metastasi, un carcinoma, un parassita. Dipende. Quelle di An erano una metastasi. Quelle del Pdl sono invisibili. I finiani - dicono i finiani - non sono una corrente. Che sono? Boh. Un gruppo, una componente, una società di persone che la pensa diversamente. Sono una linea di pensiero. Dissidenti? No, parlamentari che lavorano per aprire una discussione nel partito. Capite che con questo incantesimo non c’è nulla da fare. Non serve neppure il vocabolario. Il traduttore è impazzito. Lo hanno capito anche i due parlamentari. Il tassista non parla, loro ci provano.
«Come mai Krancic non fa più le vignette sul Secolo?».
«Non c’era spazio».
«Lo hanno cacciato».
«Non era in linea.

Attaccava Fini».
«Epurato».
«Inopportuno».
«Epurato».
«Inopportuno».
Finisce male. Il finiano dice che il Pdl è una caserma. Il pidiellino risponde: «L’unica differenza è che la vostra è più piccola».

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