Non solo violentata selvaggiamente da un ragazzo, davanti ad altri due, per questioni di bande rivali alle quali era completamente estranea. Ma in seguito derisa, minacciata, letteralmente spaventata a morte per tre interminabili anni, perché il tempo non finisce mai quando si ha paura. Infine, quindi, la decisione, tre mesi fa, di denunciare il sopruso subito, l’intervento degli investigatori della squadra mobile, l’arresto del giovane stupratore e di uno dei suoi complici, un ritorno (non facile) alla normalità. Questa, in sintesi, la storia di Linda (il nome è di fantasia), una giovane 25enne peruviana vittima delle violente dinamiche che regolano giustizieri e puniti tra le bande giovanili di origine sudamericana, in questo caso proprio le due facce dei Latin King: i Chicago e i Forever. In manette è finito due giorni fa, a Piacenza - dopo una rissa a colpi d’arma da fuoco con la banda dei New York nella quale aveva rimediato una ferita al collo - proprio il capo dei Chicago milanesi, il 22enne Henry David Choncha Ambrosio (detto Ninõ Ninõ), autore materiale della violenza, pregiudicato ma regolare in Italia. «Già arrestato nel 2006 per rispondere di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona di una connazionale minorenne» spiega il dirigente della squadra mobile Francesco Messina che ha coordinato il lavoro dei detective della sezione «criminalità straniera». Insieme allo stupratore è stato arrestato anche un suo connazionale e coetaneo, ma clandestino e senza fissa dimora, Kleber Miguel Cortez Cortez, mentre un altro 23enne ecuadoriano, pur essendo stato già identificato, è ancora ricercato.
La polizia ha potuto arrestare i due sudamericani soprattutto grazie al racconto molto particolareggiato fornito da Linda che, anche a quasi tre anni di distanza dallo stupro subito, è riuscita a fornire molti dettagli. La ragazza, all’epoca 22enne, frequentava alcuni giovani appartenenti ai Forever e ha narrato agli investigatori di una festa organizzata l’8 agosto 2006 da amici in un appartamento in zona Bisceglie durante la quale lei, andata per qualche minuto in un’altra stanza, al ritorno non ha trovato più nessun volto conosciuto. Tra quelle mura erano rimasti solo i suoi aguzzini pronti a metterla in trappola. Il capo, Niño Niñò, la trascinò quindi nella camera da letto e, davanti agli occhi dei due complici, la violentò, umiliandola pesantemente e sibilandole all’orecchio, durante lo stupro: «Questo è anche per i tuoi amici». Al termine della violenza il ragazzo minacciò quindi Linda di non raccontare nulla e lei, per non ferire la madre malata, tacque.
Difficile, però, dimenticare: lui continuava a minacciarla e a perseguitarla con degli sms e quando, casualmente, i due si rincontravano, le intimidazioni andavano avanti.
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