Servirà poco ai palestinesi l’appoggio incondizionato della sinistra dalemiana. Servirà molto, invece, ad alcuni futuri naufraghi del Pd l’identità filo-araba. Nelle prove di scissione del partito di Veltroni la tragedia di Gaza ha svolto un ruolo catalizzatore. Mentre il segretario si barcamenava fra gli appelli per la tregua e il filo-sionismo di Rutelli e Fassino, su un altro fronte D’Alema ha lavorato per aggregare politicamente una nuova maggioranza del Pd o del partito che nascerà dalla sua spaccatura.
D’Alema non ama Israele, è un uomo politico che si ispira all’antica politica estera sostanzialmente filo-araba della Dc e del Pci (ma anche di Craxi), è stato sostenitore di Arafat, soprattutto non sopporta il ruolo pubblico delle comunità ebraiche (vero «topos» dell’antisemitismo moderno) con cui si scontra con particolare acrimonia. Questa scelta di totale adesione alla parte araba si è nutrita di gesti clamorosi: dall’abbraccio con i leader Hezbollah quando da ministro degli Esteri visitò il Libano dopo la guerra di due anni fa, alle continue prese di posizione a favore del riconoscimento unilaterale di Hamas, fino al rifiuto di sanzioni verso il regime iraniano, la cui pretesa di armarsi con la bomba atomica D’Alema mai ha contestato. Questa politica è stata definita dall’ex premier come politica realista e di «equivicinanza» alle due parti, ma ha trovato solo parole di condanna verso Israele e mai contro le organizzazioni terroristiche che assediano lo Stato ebraico. Su queste basi D’Alema sta tentando in questi giorni di costruire una maggioranza politica assai ampia.
Le sue prese di posizione, e il controcanto di Michele Santoro in tv, hanno ricevuto il consenso di vasti settori del Pd. In primo luogo l’area dalemiana in senso stretto, ma anche oltre. Il senatore fassiniano Pietro Marcenaro, a capo della commissione parlamentare sui diritti umani, si è schierato sulle sue posizioni e non su quelle dell’ultimo segretario Ds. Ma soprattutto D’Alema ha registrato la convergenza di due aree, quella legata ad Arturo Parisi con dichiarazioni di esplicito sostegno dell’on. Franco Monaco e dell’ex portavoce di Prodi, Sandra Zampa, che ha difeso Michele Santoro e la sua trasmissione filo-Hamas, all’area che fa capo a Rosy Bindi. Sulle posizioni di D’Alema, tranne Franco Marini, sono molti piddini di provenienza ex popolare più vicini a quei settori della Chiesa cattolica dichiaratamente filopalestinesi. Fuori dal Pd D’Alema è stato difeso da Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione comunista e dirigente dell’area Vendola, che sta lavorando a un nuovo soggetto politico di sinistra. Per la prima volta D’Alema, con le sue posizioni su Gaza e Hamas, cerca anche di conquistare il cosiddetto mondo pacifista sia quello ufficiale, i marciatori di Assisi, sia quello della sinistra più antagonista.
I futuri naufraghi del Pd si preparano, quindi, a definire il primo campo ideologico al cui interno aggregarsi all’indomani della morte o della scissione dal partito di Veltroni. Per la prima volta in Italia nascerà un partito totalmente filo-arabo, da Gheddafi agli ayatollah iraniani, a Hamas, a Hezbollah. Nella galassia radical formazioni così ce se sono tante. Il Pdci di Diliberto è una di queste, mentre l’ultimo Bertinotti stava distaccando il suo partito dall’antica ostilità verso Israele. Ma non si era mai visto che la componente probabilmente più influente della sinistra rivelasse una così totale sudditanza al mondo arabo. Il vecchio Pci era stato filo-arabo ma negli ultimi anni e, soprattutto dopo lo scioglimento, alcuni dirigenti da Occhetto a Fassino, a Veltroni a Napolitano, avevano fatto gesti importanti di apertura verso Israele e le comunità ebraiche. Con D’Alema questa politica viene cancellata con un tratto di penna. Il partito filo-arabo della sinistra che potrebbe nascere dalle ceneri del Pd potrebbe dar vita anche al primo esperimento di partito parlamentare assai vicino all’antisemitismo di sinistra. Nessuno lo proclamerà mai, tutti si affanneranno a sostenere il contrario, ma l’ostilità verso l’autodifesa di Israele, la condanna unilaterale di tutti gli atti politici dello Stato ebraico, la contestazione del ruolo pubblico delle comunità ebraiche italiane rappresenteranno e daranno voce a un humus e a un’intellighenzia che mal sopporta Israele e che fa tutt’uno con qualunque leadership araba.
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