Sulla patente ormai non perdiamo più punti: siamo bravi guidatori, comprese le donne...

La media degli ultimi otto anni è inferiore a due per ogni automobilista: 68 milioni in tutto. Gli indisciplinati sono i giovani tra i 18 e i 20 anni, i bravi gli over 70. E le donne al volante? Non sono affatto un pericolo costante

Sulla patente ormai non perdiamo più punti: 
siamo bravi guidatori, comprese le donne...

A quasi otto anni dall’in­tr­oduzione della patente a pun­ti è tempo di bilanci. Per la veri­tà le statistiche appena presen­tate dall’Asaps, l’associazione sostenitori Polstrada, si riferi­scono a sette anni pieni di attivi­tà, vale a dire dal 30 giugno 2003 alla stessa data del 2010. Il tota­le dei punti andati in fumo è di 68 milioni (con una media di 1,887 per ognuno dei 35.972.976 patentati),e se si os­serva con attenzione il bilan­cio, si scopre che il saldo è atti­vo. Perché ne sono stati conse­gnati in omaggio, con le scaden­ze biennali per i patentati più virtuosi, 205 milioni. Ai quali se ne aggiungeranno altri 70 milio­ni a luglio, con la nuova tranche di bonus.

Dall’analisi si scopre anche che solo una parte di chi vede decurtato il totale partecipa ai corsi di recupero, come testino­miato da questa cifra: 1.714.592 punti conquistati dai 266.565 automobilisti che si sono iscrit­ti alle lezioni. In questi anni han­no fatto notizia i casi più ecla­tanti di chi ha esaurito in pochi secondi l’intero ammontare, e anche di più, però se si va a os­servare il dato relativo a quanti hanno perso la patente è piutto­sto scarso. Sono infatti 138.932, vale a dire lo 0,38 per cento di tutti i permessi di guida presen­ti sul nostro territorio. In media ogni italiano ha per­so meno di 2 punti, però la me­dia varia sensibilmente in fun­zione dell’età.

I giovani tra i 18 e i 24 anni totalizzano infatti una media di 2,929 punti, ma si sale decisamente più in alto se si re­stringe questo segmento. Con­centrando l’attenzione sui 18-20enni si raggiunge quota 4,192. Il compito di ribilanciare la media spetta quindi agli ultra­settantenni, che si fermano a 1,045. Se poi si sposta il metro di valutazione sul sesso, emerge che le donne hanno contribui­to per meno di un quarto del to­tale, mentre i maschi si sono ag­giudicati il 75,26 per cento dei punti persi. Questo è il quadro tracciato da Giordano Biserni, presiden­te dell’Asaps, che dimostra co­me negli anni gli italiani abbia­no imparato a convivere con questo nuovo strumento, che inizialmente ha mietuto molte vittime. La patente a punti, in­fatti, non è un’esclusiva italia­na.

Molti Paesi in tutto il mon­do l’hanno istituita e collauda­ta, noi siamo arrivati tra gli ulti­mi, però nessuno ha combattu­t­o una guerra di proporzioni si­mili a quella che si è vista (e si continua a vedere) sulle nostre strade. Se uno svizzero viene colto in flagrante, accetta di buon grado la punizione, men­tre l’automobilista italiano de­ve sempre cercare di uscire «pu­lito ». Arrivando perfino a nega­re l’evidenza. Tutto ciò dipen­de chiaramente dall’indole tut­ta mediterranea, ma è anche la conseguenza diretta di un istin­to di sopravvivenza che nasce da numerose trappole tese da alcune autorità locali per fare cassa.

Dai due lati della

barricata si è giocata nel tempo una lunga partita. Su un fronte chi emette le sanzioni amministrative, con l’obiettivo dichiarato di ri­durre il numero di morti sulle strade. E su quello opposto gli utenti della strada.

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