Non mi piace niente di Elon Musk, a parte i soldi (di questo parliamo alla fine). Non mi piace la sua faccia, non mi piace come veste, come si agita, come balla, cosa mangia - il Big Mac sull'Air Force One presidenziale, che magari renderà di nuovo grande l'America, di certo più obesa -, non mi piace la sovrabbondanza di figli dai nomi impronunciabili, di sperma congelato, di arroganza imprenditoriale nel segno della paranoia, l'imprenditoria che è meglio della politica, non mi piace la sua fantascienza marziana, viaggi interspaziali, micro-chip nei cervelli, interconnessione satellitare a manetta, la tecnologia come ultima Thule, non mi piace il suo neoliberismo in salsa anarchica, il suo fanta-ottimismo: macchine elettriche, magari senza guidatore, traffico sottoterra, città sotterrane, il suo voler vivere oltre la vita.
I Greci chiamavano hybris l'eccesso, l'andare oltre, il non rispettare i limiti, la megalomania della conquista e del potere, l'assenza arrogante di regole. Non mi piace l'hybris di Elon Musk, sudafricano, canadese o americano che sia. Resto greco.
Naturalmente, Musk è un genio, qualsiasi cosa questa parola voglia dire. Ha un numero imprecisato di lauree, ha fondato un impero economico, trasforma in oro tutto quello che tocca, può permettersi il lusso di dire quello che gli pare è un leader ed è un vincente. Buon per lui, ma non fa per me.
La politica, ovvero l'arte di governare, non attraversa, si sa, un buon momento. C'è uno scollamento sempre più forte fra élite e popolo, un generale senso di insicurezza, un'erosione sociale, il proliferare di conflitti in un mondo che si vuole globale, ma che proprio la sua globalità invece di risolvere accentua. L'idea che l'economia si potesse sostituire alla politica si è rivelata fallimentare, l'idea che, con un'iniezione di tecnocrazia, quella sostituzione possa trovare il suo equilibrio risolutore, lo è ancora di più, perché governare ha a che fare con i sentimenti, le speranze e le illusioni della gente, non con i numeri, le soluzioni a tavolino, il freddo rapporto costi-benefici, l'ottimizzazione gelidamente calcolata delle risorse.
Musk fa parte di questa illusione tecnocratica, gli scienziati, o supposti tali, che risolvono i problemi nell'ottica di un'equazione matematica, dove i numeri prendono il posto delle persone e ciò che conta è la risoluzione della formula. Detto in altri termini, l'operazione è chirurgicamente riuscita, ma il paziente è morto. Riposi in pace, e avanti un altro.
Si dice che Elon Musk sia di destra, il che è un po' fuorviante, visto che di destre ce ne sono tante, addirittura fra loro contrapposte, e che per di più proviene da un Paese dove il capitalismo non ha problemi a stare a sinistra e la sinistra, ovvero i democratici-liberal, sono altrettanto se non di più guerrafondai della loro controparte repubblicana e supposta conservatrice. Non sorprende che il Musk oggi considerato di destra in quanto trumpista, ancora ieri finanziasse e votasse il fronte opposto, il che rientra nell'orizzonte ideologico di una nazione che si considera un continente e che guarda con malcelato disprezzo i bizantinismi ideologici di noi poveri europei. Sono pragmatici, laddove noi li definiremmo rozzi: la sostanza non cambia.
Diamo comunque per buona quella definizione e proviamo ad andare a vedere quale sia la destra di Musk. Innanzitutto è una destra progressista, il che è un ossimoro, ma va bene lo stesso. Crede cioè che il futuro sarà meglio del passato, di per sé. Lo è perché tecno-ottimista e quindi ha nella macchina il suo dio. Anche per questo è transumanista, ovvero lavora all'idea di un altro tipo di umanità, migliore di quella che, per definizione, è la nostra da millenni, la condizione umana nella sua finitezza. È una destra antistatalista, nel senso che lo Stato, il suo apparato, le sue leggi, è un peso e insieme un freno. Anche per questo è iperliberista, non vuole ostacoli nella sua corsa verso un futuro migliore. È una destra imprenditoriale, ovvero pensa che la politica sia l'impresa, non che l'impresa sia al servizio e/o in sintonia con la politica, nell'ottica per intenderci con cui una volta da noi si diceva «ciò che è buono per la Fiat è buono per l'Italia». Si sa come è andata a finire. È una destra sovranista, il sovranismo del dollaro, of course, e quindi super-capitalista, profitto e sfruttamento di ogni risorsa disponibile, dove il loser, il perdente, non conta e il winner, il vincente, ha ragione proprio e soltanto perché vince.
È probabile nonché possibile che questo tipo di destra abbia a destra i suoi sostenitori.
Non è però la mia, anche tenuto conto, per quello che può valere, che da tempo destra e sinistra, in quanto categorie, mi lasciano indifferente.
N.B. «A parte i soldi» ho detto all'inizio. Musk ne ha talmente tanti da non sapere nemmeno, immagino, come spenderli tutti. Senza impegno, e non a scopo di lucro, avrei qualche idea in proposito da sottoporgli...
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