nostro inviato a Londra
Cinque è il numero che apre le porte della storia a Roger Federer. Come le vittorie consecutive a Wimbledon, che lo portano a guardare negli occhi Bjorn Borg; come i set che ha dovuto soffrire e sudare prima di domare Rafael Nadal. Non gli era mai capitato che un avversario gli resistesse così a lungo nel suo giardino preferito. Tre ore e quarantacinque minuti di brutale corpo a corpo sotto una luce mai così abbacinante che, in un pomeriggio solo, ha fatto dimenticare tutta lacqua caduta su Wimbledon. È finita 7-6, 4-6, 7-6, 2-6, 6-2, vittoria autografata da Federer con uno smash prima di crollare a terra con le mani a coprire il volto. E di risvelarlo solo leggermente striato dal pianto. «Sono lacrime svizzere», aveva detto il ragazzo di Basilea quando nel 2003 aveva cominciato, senza saperlo, il suo inseguimento al record di Bjorn Borg. Con quelle di ieri ha chiuso il primo cerchio, eguagliato il filotto dello svedese e raggiunto Rod Laver nelle vittorie, undici, nei tornei del Grande Slam. E incassato un milione di euro, prosaico particolare affatto secondario.
Federer ha cercato e trovato loro nel servizio: 24 ace, sono più di una polizza sulla vita. Sono larma letale che ha tenuto lontano Nadal, più solido del numero uno del mondo da fondo campo. Territorio di battaglia preferito, tanto da far pensare che si giocasse sulla terra. In effetti di erba non ce nera più, ma il fondo era grigio sabbia, non rosso come sarebbe piaciuto a Rafa. Per quattro set incollato come una maglietta bagnata (una canotta, visto il tipo) allo svizzero, Rafa è stato però incapace di scavare il vallo decisivo buttando allaria quattro palle break, due nel terzo game e due nel quinto durante lok corral finale. A quel punto Federer ha spianato la montagna con due aces, infilato tredici punti (a uno) per finire tra le braccia della gloria. Dimenticando il faticoso pomeriggio con linfernale occhio sovrannaturale che dovrebbe compensare le sviste dei giudici e togliere laudio alle liti di campo, ma che ieri ha fatto infuriare lo svizzero, poco convinto del verdetto elettronico. «Questo sistema mi sta uccidendo», ha sbraitato - e per farlo lui... - contro larbitro. E pure un po contro Nadal, che allintervento divino si affidava anche per spezzare ritmi e colpi dellimperatore di Basilea.
Nadal ha provato di tutto: ha tirato un passante vincente da terra, ha scavato nellerba per trasformare palline in pepite, si è storto un ginocchio tanto da doverlo bendare rigidamente. Quattro set ha resistito nel 2006, cinque questanno. Se non sfruttare quegli inviti nellultimo set, di più non poteva fare Rafa, che alla fine si è tolto la maschera da duro, ha rilassato i muscoli ed è tornato un ragazzo di 21 anni cui giravano molto le scatole per aver perso una grande occasione.
Federer si è messo i pantaloni lunghi, il gilet, la giacca e lorologio dello sponsor: sapeva che tra quelli di tutto il mondo aveva soprattutto addosso gli occhi di Mirka Vavrinec e di Bjorn Borg. Lei lo conosce dal 97, si incontrarono a Biel, al centro federale svizzero. Mirka, slovacca di nascita, aveva appena preso la nuova cittadinanza. Prima di incontrarla, Roger spaccava le racchette e si faceva le meches. Peter Lundgren, suo allenatore storico, aveva capito tutto ma non si fidava: «Vedete quel ragazzo? Non bisogna farlo annoiare, altrimenti lo perdiamo». Non si è più annoiato Roger, che da allora ha pensato solo al tennis: per il resto cè Mirka. Manager, psicologa e chef, ieri era appollaiata nel palco dei parenti insieme con i genitori di Federer, loro che, Roger adolescente, si vergognavano di assistere ai suoi incontri per gli insulti che tirava.
Chi non ha fatto una piega è stato Bjorn Borg. Via la giacca, camicia bianca e cravatta, si è accomodato nel Royal Box e ha visto la storia venirgli addosso: «Sono contento che Roger abbia eguagliato il mio record. E quando mi batterà sarò ancora più felice. Questo è un tennis diverso dal mio, giocato tutto a fondo campo.
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