E' una surrealtà bizzarra quella de cui Fidia Falaschetti prova a "fotografare" le icone, i personaggi, i simboli, sotto nuove fonti di luce. Un universo, burlesco e comico al tempo stesso, che attraverso la sua stessa auto irrisione mostra senza vergogna gli spigolosi angoli delle tribulazioni umane. Arriva a Milano la mostra Fidia Falaschetti artworks, curata da Ivan Quaroni e allestita nella galleria Federica Ghizzoni (via Cagnola 26).
Con un linguaggio pseudo pubblicitario che sfiora ambiti come il pop e il concettuale, il low brow e il surrealismo, la grafica e il fumetto, l’artista gioca con le parole e con i mali del nostro tempo, cercando di porre un filtro tra la coscienza collettiva e il mondo contemporaneo. La personale, che si terrà fino al 24 marzo, propone una serie di nuovi lavori, frutto della recente ricerca nello studio di Bali, e alcune opere di archivio, come sempre senza l’ausilio di tele ma "su e con" supporti e materiali recuperati dalla moltitudine di oggetti dimenticati e cestinati dalla società, tra cui banchi di scuola, palizzate, pallet, e chi più ne ha più ne metta. Fidia utilizza l’immaginario pop correlato a una visione critica della società piuttosto che a una mera celebrazione della cultura consumistica.
L'artista costruisce la sua grammatica pittorica su una serie di icone immediatamente riconoscibili che raramente hanno un valore autoreferenziale: sono lemmi o tropi di una lingua universale, i cui contenuti divergono radicalmente dai modelli originari. Tanto che gli eroi dei cartoon arrivano a confrontarsi con le vicende della vita reale e vengono usati come le lettere di un alfabeto universale trasformandosi in metafore degli stati d’animo individuali e collettivi.
Fidia fa parte di quella generazione di adultescenti, affetti da sindrome di Peter Pan, per i quali gli eroi dei fumetti e dei cartoni animati sono riferimenti obbligati, figure di un olimpo interiore, usate come filtro per interpretare e decifrare la realtà contemporanea. Non solo. Il pop dell'artista è quanto mai lontano da ogni tentazione ideologica dal momento che colpisce trasversalmente i simboli del capitalismo e le icone della vecchia ideologia comunista. Decapitalismo è, infatti, il titolo di due opere in cui campeggiano i ritratti di Marx ed Engels, ironicamente decollati dal simbolo della face e martello. Fidia, però, non si limita a costatare la fine delle ideologie, ma ne ritrae perfino la parabola discendente. L
Fidia nasce come graphic designer, illustratore e fotografo, abituato a confrontarsi con il mondo delle aziende e con rinomati brand internazionali come Nike. La capacità comunicativa e la malleabilità fanno, dunque, parte del suo background professionale. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze e passato attraverso diverse esperienze lavorative, Fidia non poteva che approdare a uno stile capace di unire le urgenze espressive dell’arte contemporanea con l’eloquenza mediatica della pop culture.
"Devo comunque ai miei 15 anni come professionista gran parte delle motivazioni di oggi", ha spiegato l'artista facendo presente che "le esperienze, le ricerche, i gesti e i modus operandi sono un bagaglio d’eccezione che non avrei ora, se non fossi passato per quella strada".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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