«Taci», «Valletta» gli insulti delle madame

Daniela contro Alessandra, come due pantere che si sbranano. Se solo si trattasse di due uomini si potrebbe dire che è una questione di «primedonne». Ma siccome a incrociare le lame sono Daniela Santanchè e Alessandra Mussolini, e di mezzo ci sono pure la memoria del fascismo, il nonno-Duce, gli assi cartesiani allusivi dell’identità sessuale, le bonifiche e il futurismo, l’eterno paradosso degli allievi che superano i maestri, il machismo degli uomini e quello ancora più feroce del gentil sesso; siccome lo scenario di tutto è «il quadrangolo» delle due protagoniste con due uomini (che «casualmente» sono anche i leader del centrodestra), allora bisogna cercare chiavi di interpretazione più complesse della polemica di giornata e dello scambio di insulti sapidi o coloriti. Qui di mezzo c’è la rivalità di due che si detestano, si studiano (forse si copiano), e poi senza volerlo si sostengono persino a vicenda, prendendo l’una la luce mediatica dall’altra.
Certo, i fatti a prima vista sono scarni. La candidata premier de La Destra aveva attaccato il leader del centrodestra ammonendo le elettrici così: «Non date il voto a Silvio Berlusconi, perché lui ci vede solo orizzontali, non ci vede mai verticali». E la Mussolini si era inserita nella tenzone con un riflesso da belva mediatica, prendendo le difese del Cavaliere: «La Santanchè per decenza dovrebbe tacere. È l'unica a non dover aprire bocca sull'argomento, rappresenta la perfetta incarnazione della donna “politicamente” orizzontale. Infatti, la sua storia politica è il contrario di quel che una donna deve fare per contribuire all'affermazione della democrazia paritaria». E ancora, andando giù dura: «Nel partito ove è stata sino a qualche settimana fa, la Santanchè è sempre stata protetta a discapito del merito, a partire dalla elezione in Parlamento, sempre avvenuta orizzontalmente grazie ad un posizionamento d'onore nel listino bloccato, l'ultima volta dietro a Fini». E infine, al culmine della malizia: «Oggi, ancora una volta orizzontalmente, in quanto scelta come candidato premier da un protettore politico, ha la pretesa di voler indicare alle donne chi meglio le rappresenta».
Dopodiché la polemica divampa in un botta e risposta al tritolo: «Le italiane - aggiunge la Santanchè - sanno bene come Berlusconi consideri le donne e c’è tutta una pubblicistica a dimostrarlo». E poi, ciliegina sulla torta: «Quanto alla Mussolini credo che suo nonno, Benito, si rivolti nella tomba a vederla fare la valletta di chi ha definito “il fascismo il male assoluto”». Così è l’Alessandra che torna all’attacco: «Proprio stanotte ho sognato mio nonno Benito e mi ha detto cosa pensa della Santanchè». Tocca alla leader della Destra replicare ancora, ricorrendo addirittura al modulo ottocentesco della polemica epistolare interposta: «Cara Alessandra, ti rivelo io riservatamente cosa ti ha detto ieri notte nonno Benito in sogno: Mia amatissima nipotina dovevi essere proprio tu e non la Santanchè a ricordare agli italiani, come ha fatto oggi a Napoli con la schiena dritta e il petto in fuori, che senza Mussolini non ci sarebbero stati il salario garantito, l’Inps, i diritti per le donne, Cinecittà, Marconi, Pirandello, D’Annunzio, la grande architettura e le grandi bonifiche? Ti perdono mia carissima Alessandra - conclude sarcastica la Santanchè - perché non sai quello che fai e con chi stai anche perché senza Mussolini neppure il tuo Fini sarebbe mai esistito politicamente».
E dire che solo nel 2005 le due pantere nere di An assaltavano insieme il palco del congresso di Bologna per rivendicare più visibilità per le donne. Allora le due vere dame della destra istituzionale erano loro e c’era spazio per entrambe. Ma poco tempo dopo, anche fisicamente i margini si restringevano. Nel giorno della visita a Montecitorio del Papa già l’idillio era infranto: «La Santanchè - ruggì la Mussolini che era in stato interessante, evocando la violazione della sua maternità - ha preso il mio posto e non me lo ha lasciato». Replica di Daniela: «Non è vero. Da oggi ingoierò le offese con il Biochetasi» (un farmaco antivomito). E ancora la Alessandra: «Lei fa quello che faccio io, solo quattro anni dopo di me». Ed è vero. Ma è anche vero che per certi versi Daniela lo fa meglio. Se pochi battono la Mussolini sul terreno dell’istrionismo e della capacità di sfondamento mediatico, è anche vero che Alessandra è per la politica quello che «Giovanni-senza-terra» era per la monarchia britannica: non riesce a costruire altro che se stessa. È uscita da An due volte (la prima per ventiquattr’ore, la seconda dopo la svolta dello Yad Vashem). È tornata entrambe le volte sui suoi passi. Daniela gioca con la sua doppia identità «Garnero» (nome da ragazza, orgoglio di gavetta venuta dalla provincia) «Santanchè» (diva mediatica, signora dei salotti e del Parlamento). La Mussolini è anche «la signora Floriani» (quando gli avversari la vogliono scindere da quell’altro cognome così pesante). Alessandra è stata la prima donna candidata sindaco nel 1993 (memorabile il suo: «A Bassoliiiì!»). Daniela è entrata in Parlamento «solo» nel 2001. Ma ha mostrato più duttilità. Primo relatore-donna della Finanziaria, prima italiana citata dalla Cnn per le minacce degli integralisti e la sua battaglia contro il velo. Alessandra è la maga delle coreografie, delle immagini: le foto con le deputate in jeans contro la violenza sessuale, il camper contro Storace, il digiuno pannelliano per le liste. Entrambe si sono alternativamente sorpassate a destra e al centro. Entrambe hanno rotto con Fini. Entrambe hanno avuto una predilezione per il Cavaliere. Tutte e due le stesse cose: ma in tempi alternati. Alessandra è riuscita nel miracolo di essere eletta con la sua Alternativa sociale al Parlamento europeo. Ma poi la sua alleanza con i tre «Cavalieri neri» della Destra extraparlamentare si è rotta prima che si asciugassero i manifesti dove lei compariva attorniata da Romagnoli, Tilgher e Fiore. Daniela, incredibilmente, dopo aver stigmatizzato l’avventura «radical» di Alessandra, ora ha preso il suo posto, furoreggia nei talk show, tiene insieme «i ragazzi della Fiamma» e la proprietà del Billionaire (riuscendo persino a dire che preferisce i primi). L’ultimo paradosso vuole che siano Alessandra e Daniela, entrambe «post-fasciste» cresciute fuori dall’Msi a contendersi l’eredità morale (ed elettorale) della Fiamma.


Il termine che può raccontare il loro duello è preso dall’alfabeto greco, il chiasmo: ovvero la figura retorica derivata dalla «X» che indica l’incrocio fra due rette che vanno in direzioni opposte, si scontrano, si attraversano e subito si allontanano. Ma la sola immagine che le racconta ricorda i duellanti di Conrad, o la battaglia fra gli highlanders: «Alla fine ne resterà una sola». Secondo voi quale delle due?
Luca Telese
luca.telese@ilgiornale.it

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