Tai rinuncia ai funerali E la squadra vince per lei

Domani sarà già in campo. Il ct Barbolini: «Abbiamo dato prova di carattere, umano e tecnico»

nostro inviato a Pechino

Dulce Fedora se n’è andata e Tai non è mai arrivata. Non c’è prezzo alla crudeltà degli uomini. Tai Aguero ieri è rientrata al villaggio olimpico, alle quattro del pomeriggio di Pechino, s’è chiusa in stanza ed ha chiesto silenzio. La sua via crucis nei cieli del mondo è finita con un biglietto stracciato. È sbucata davanti alle sue compagne della pallavolo, di ritorno da un bel successo contro la Russia (3-1). L’hanno vista, l’hanno capita, l’hanno baciata. La vittoria è stata un fiore per la sua angoscia. La mamma l’ha attesa a Cuba ma non ce l’ha fatta a resistere: la sua malattia era allo stadio terminale, il governo non ha avuto pietà dell’amore di una madre e del sentimento di una figlia che s’è macchiata d’un peccato originale: la fuga dall’isola. Dulce è morta a Mayajigua, quel paesino a 360 chilometri da l’Avana dove aveva rimodernato la casa di famiglia grazie ai danari che Tai le spediva dall’Italia. Non vedeva Taismary dal 2001, dal 19 giugno in cui la ragazza è sparita dal mondo per il governo di Fidel Castro.
Tai era a Montreaux, giocava un torneo, mollò tutti. Disse: fuga d’amore. Si dice sempre così e si pensa molto d’altro. Due anni fa non aveva ottenuto il visto per rivedere il papà morente. Stavolta è stato peggio. Tai è partita da Pechino nella notte tra mercoledì e giovedì, pronta a tutto. Sapeva di rischiare anche l’arresto. Aereo per Francoforte, eppoi coincidenza per Cuba. Federazione e Coni hanno appoggiato il dramma di una ragazza che, prima di partire per la Cina, aveva stretto un patto di cuore: vi aiuto a vincere una medaglia e voi mi aiutate a tornare a Cuba per rivedere mia mamma. Poteva farcela, nel suo pedigree ci sono già due ori conquistati con Cuba. La malattia ha anticipato tutto.
Ma, in Germania, Tai ha scoperto che non sarebbe bastato solo il coraggio. Il governo cubano le ha negato il visto, la federazione ha usato ogni via diplomatica per schiodare quella barriera crudele e ottusa. Niente, troppo rischioso andare oltre. A Cuba vigilava sulla mamma e sui problemi di Tai, Alessio Bottegli, il fisioterapista conosciuto a Perugia che la Aguero ha poi sposato. Non quell’amore per cui dice di essere fuggita, ma un amore vero. La ragazza ha atteso un giorno, poi ha percorso la via al contrario verso la Cina. Via crucis nei cieli che avrebbe avuto il lieto fine al suo sbarco a Pechino: visto concesso, Tai puoi tornare. Ma qualcosa non quadrava. Strano quell’improvviso voltafaccia. Qualcuno ha pensato ad una trappola. Qualcuno, forse, ha detto a Tai che non sarebbe giunta in tempo. Dopo poche ore la notizia: addio Dulce. Nel frattempo si erano incrociate informazioni di ogni tipo: Aguero ha ripreso un aereo verso l’Italia, farà scalo a Roma, è partita, non è partita. Poche certezze: il ritorno di prima mattina a Pechino, il rientro al Villaggio nel pomeriggio. Ora l’aspetta la squadra, difficile tornare a Cuba per il funerale. Le ragazze le hanno tolto il dispiacere di non essere in campo, giocando una grande sfida con la Russia made in Italy, allenata da Gianni Caprara. Primo deciso passo verso i quarti.

Per una Piccinini un po’ in ombra, hanno brillato Cardullo e Ortolani. E con loro Nadia Centoni, la riserva della Aguero. Per tutte valga il suo commento: «La nostra squadra ha dato una prova di carattere, umano e tecnico». Dulce, questa è l’Italia di Tai. Fidati!

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