«Tanti soldi non possono arrivare da consulenze»

Dubbi di Cicchitto sui conti di Consorte: «Spiegazione risibile». Tremonti: «Caso di notevole gravità». Storace: «Che cosa ne sa Pecoraro Scanio?»

Anna Maria Greco

da Roma

Lo aveva detto il premier Silvio Berlusconi, ora lo ripete Fabrizio Cicchitto: «Il caso Unipol non è chiuso». Malgrado l’altolà della Quercia che minaccia querele, il vicecoordinatore di Forza Italia torna all’attacco dei Ds. In particolare, sui fondi che il finanziere bresciano Emilio Gnutti avrebbe versato ai vertici della compagnia assicurativa.
«I 50 milioni di euro di Consorte e di Sacchetti - dice Cicchitto - sarebbero collocati da diverso tempo in una di quelle società fiduciarie che normalmente venivano create per evitare la trasparenza delle operazioni finanziarie in tutto il loro decorso, dalla elargizione alla gestione, a eventuali dazioni parziali o totali o poste a garanzia dell'apertura di una linea di credito di pari importo o per altre iniziative». Per l’azzurro rimane la domanda: dove sono finite «altre plusvalenze di vari milioni di euro» ricevute sempre da Consorte e da Sacchetti? E ancora: perché Gnutti ha versato «a quelli che allora erano i massimi dirigenti dell'Unipol una cifra così cospicua»? Per Cicchitto «la motivazione che si è trattato di una consulenza è risibile, specie se si considera il fatto che per ricavare tale cifra al netto delle tasse la parcella per consulenza avrebbe dovuto essere di circa 130 milioni di euro (cioè di oltre 250 miliardi di vecchie lire)».
Il ministro della Salute, Francesco Storace (An), si chiede «chi ha spifferato al prodiano Alfonso Pecoraro Scanio» che non si tratta di consulenze, visto che propone di confiscare i 50 milioni di Consorte che sarebbero in cassa?
Frena, invece, il ministro Udc dei Beni culturali Rocco Buttiglione, che invita Berlusconi a resistere alla «tentazione irresistibile» dell’attacco giudiziario ai Ds, dopo averne subiti tanti, e lo invita a parlare invece di programmi politici. «Si può anche vincere un'elezione - avverte il ministro- facendo un po’ di avanspettacolo e seguendo gli umori del momento della gente, però alla fine giunge sempre il momento di rendere conto delle promesse fatte».
Ma il partito del Cavaliere, sostenuto soprattutto da An, sembra deciso a non abbassare i toni. Anche se il titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, precisa di vedere la vicenda Unipol «in termini politici», come un caso «di notevole gravità, non tanto per la compagnia in sé quanto per l'insieme dei meccanismi di potere e di interessi che alla fine sono scoppiati tra le mani di qualcuno». Berlusconi in Procura? Un «atto dovuto», per il ministro. Lo scandalo ha creato «il buco nero che ha fatto implodere definitivamente l'opposizione», per la vicepresidente dei deputati di Fi Isabella Bertolini. «Abbiamo solo chiesto chiarezza», spiega il ministro azzurro per gli Affari regionali Enrico La Loggia, riferendosi alla telefonata intercettata tra il leader Ds Piero Fassino e l’ex presidente Unipol Giovanni Consorte. L’avvocato e deputato di Fi Niccolò Ghedini, replica ad Antonio Di Pietro che ha detto che se fosse giudice condannerebbe Berlusconi per calunnia. Il premier, ribatte, non ha calunniato nessuno ed è anzi il leader dell'Italia dei Valori, avendo accusato Berlusconi di calunnia, ad essere a sua volta passibile del reato.
L’«instabilità cronica» dell’Unione, per il viceministro azzurro per i Beni culturali Antonio Martusciello, è destinata ad «accentuarsi anche per le reciproche diffidenze sulla vicenda Unipol, che non si chiude qui». Anche il ministro An per le Comunicazioni Mario Landolfi dice che c'è bisogno di «trasparenza» da parte della Quercia. «Quando si chiede di sapere - spiega - dai leader del maggior partito di opposizione se una consulenza che è costata 50 milioni di euro è davvero una consulenza o se è servita ad altro, penso che chi rappresenta quel partito abbia il dovere di rispondere perché i cittadini hanno il diritto di sapere la verità».

«I Ds facciano una operazione verità», concorda il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Stefano Caldoro del Nuovo Psi. E l'Udc Mario Tassone avverte che le polemiche politiche rischiano di mettere in ombra il vero problema: «la forte connessione e l’intersecazione tra politica e affari».

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