Tarzan è tornato: il suo urlo riecheggia in Occidente

Una grande mostra al museo «Quai Branly» di Parigi celebra il mito del personaggio creato dallo scrittore Edgar Rice Burrough nel 1912. L'archetipo del bimbo selvaggio allevato dalle scimmie è passato indenne dalla letteratura al cinema, dai fumetti all'urlo in MP3

Tarzan è tornato: il suo urlo riecheggia in Occidente

In una capanna sugli alberi, nel bel mezzo della giungla, un bimbo sta piangendo. Kala, un gorilla femmina, scopre che è tutto solo e decide di tenerlo con sé. «Sarò la tua mamma...» dice Kala. «Lo chiamerò Tarzan»...

Una favola, certo. Anzi: una leggenda. Ma non solo. Tarzan è qualcosa di più. È quasi un uomo vero.

Più di venti romanzi, quasi cinquanta film più incalcolabili parodie e apocrifi, tre storici film di animazione, una decina di serie televisive, e poi fumetti, pubblicità, video-giochi. Dal 1912, quando nacque dalla fantasia dello scrittore americano Edgar Rice Burroughs (1875-1950), l'archetipo del bambino selvaggio allevato nella giungla dalle scimmie, recuperato in seguito alla civilizzazione solo per rifiutarla e tornare nella natura selvaggia nelle vesti di eroe e avventuriero, nutre il nostro immaginario collettivo: amato dai bambini, invidiato dagli adulti, sfruttato dall'industria dell' entertainment, ultimamente «arruolato» dagli ecologisti come (inconsapevole) testimonial in difesa dell'ambiente. Apparso per la prima volta nel romanzo «Tarzan delle Scimmie» («Tarzan of the Apes», pubblicato originariamente nell'ottobre del 1912 sulla rivista «All Story Magazine» e in volume nel 1914), Tarzan non ha mai smesso di lanciare il suo urlo che dalla giungla risuona da un secolo in tutto l'Occidente.

E ora, una grande mostra al Museo «Quai Branly» di Parigi - il centro dedicato alle arti primitive voluto dall'ex presidente francese Jacques Chirac - ne celebra il mito ripercorrendo la storia di questo fortunato personaggio e ponendolo nel solco degli altri «ragazzi selvaggi» della letteratura occidentale, da Rousseau in avanti. Il percorso della mostra curata da Roger Boulay - che si intitola «Tarzan!» ed espone oggetti africani, dipinti, tavole, fumetti, spezzoni di film, edizioni originali di romanzi e racconti - ricorda le fonti letterarie che hanno ispirato Burroughs, come Rider Haggard, Conan Doyle e Rudyard Kipling, ma anche le declinazioni dell'eroe che si sono succedute negli anni sul piccolo e sul grande schermo (in particolare la fortunata serie di film interpretati a partire dal 1932 dall'ex campione di nuoto Johnny Weissmuller, anche se prima di lui il personaggio era stato protagonista di otto film muti tra il 1918 e il 1929) e ancora: opere letterarie e fumetti, fotografie, poster, figurine, accessori, sculture, costumi, dipinti, giochi.

Nella sua prima avventura («Tarzan of the apes»), 1912, Tarzan viene descritto come una sorta di selvaggio super-eroe: «Era in grado di fare balzi di sei metri nell'aria fino all'altezza vertiginosa delle cime degli alberi e afferrare con la massima precisione e senza alcun urto visibile, i rami che fluttuavano selvaggiamente incontro a un tornado in arrivo»... Il successo fu immediato e il libro venne pubblicato poi in 56 lingue mentre le 22 serie di Tarzan che seguirono dal 1914 al 1947 furono diffuse in oltre 15 milioni di esemplari. «L'Africa di Tarzan è un'Africa immaginata, una sorta di parco dei divertimenti - spiega il curatore della mostra - l'autore infatti non c'è mai stato». Le prime rappresentazioni del continente africano Burroughs le aveva viste a diciott'anni alla Grande esposizione universale di Chicago del 1893. Ed è da una raffigurazione di Eugen Sandow - considerato il padre del culturismo moderno, l'iniziatore del body building - che portava uno slip aderente (quelli che diventeranno poi i famosi «sandows») che lo scrittore trae spunto per disegnare le mutande maculate del suo eroe. Destinato a diventare un «campione» assoluto della letteratura popolare.

Tarzan nasce nella giungla - i suoi genitori si chiamavano John Clayton, alias Lord Greystoke, e Lady Alice - si innamora della bella Jane, cercherà quindi di adeguarsi alla civiltà, per poi ritornerare sempre all'amata natura, libera e pura, madre primordiale esclusiva. Per Boulay la storia di Tarzan trova la sua origine negli archetipi dell'Occidente e promuove un mondo senza denaro lontano dal miraggio della società del consumo. Tarzan combatte con vigore tutti i coloro che invadono le sue terre africane: bracconieri, mercanti di schiavi, trafficanti di animali. «Dopo la lunga carriera come difensore della sua Africa - commenta Boulay - il mito si reinventa oggi in un Tarzan protettore della natura minacciata, portatore di un destino nuovo.

Tra tutti gli eroi è Tarzan il più adatto a salvare il pianeta, il suo urlo è quello in difesa dell'ambiente». E per chi lo vuole riascoltare - ultimo aggiornamento di un mito eterno e universale - lo può scaricare anche in formato MP3, su Internet. Non a caso la nuova giunga.

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