Campagna elettorale e Facebook, il Garante per la privacy chiede chiarimenti

Il Garante chiede a Facebook di chiarire quali misure abbia attuato in prossimità delle elezioni dello scorso 25 settembre e come abbia usato i dati in suo possesso

(Immagine: Pixabay/geralt)
(Immagine: Pixabay/geralt)

Lo scorso 22 settembre il Garante per la privacy ha chiesto a Meta (holding che controlla Facebook) chiarimenti circa la campagna informativa che ha attuato relativamente alla recente tornata elettorale. Prima di gridare allo scandalo, va però evidenziato che – in assenza di prove eclatanti – il Garante si è limitato a svolgere il suo compito e l’allarmismo non è giustificato.

Va da sé che l’Autorità si è mossa sulla scorta dello scandalo Cambridge Analytica e delle modalità, non sempre trasparenti e corrette, con cui Facebook tratta i dati dei propri utenti.

Cosa vuole sapere il Garante per la privacy

Meta ha annunciato di avere avviato una campagna informativa per escludere ogni interferenza nel processo elettorale italiano e, parallelamente, di avere attivato - in collaborazione con organizzazioni indipendenti di fact-checking – attività di verifica delle notizie postate e fatte circolare dagli utenti. A questa iniziativa è stato affiancato un Centro operativo per identificare eventuali minacce.

Attività che, di per sé, sono persino attese e rappresentano il minimo sindacale per un’azienda come Facebook che deve recuperare la propria immagine di serietà e imparzialità.

Tuttavia, il Garante vuole vederci chiaro, soprattutto per comprendere come è avvenuto il trattamento dei dati teso a censire le idee politiche degli utenti coinvolti e come è stata rispettata la libertà di pensiero. Meta dovrà quindi comunicare i dettagli delle misure attuate, tra l’altro dimostrando che queste siano state rivolte esclusivamente a persone maggiorenni.

Un muro sottile

Sul sito del quotidiano Domani, la giurista Vitalba Azzolini, analizza il comunicato del Garante della privacy su due diversi livelli. Da una parte il trattamento dei dati che, riguardando opinioni politiche, deve mostrare una particolare cautela.

Più articolato e complesso il secondo livello, relativo alla veridicità delle informazioni circolante sul social network e al rispetto della libertà di pensiero. La domanda che unisce questi due aspetti è sempre la stessa e mira a comprendere quanto Facebook possa muoversi con disinvoltura, comportandosi da giudice e giuria, peraltro in casa propria laddove, in prima istanza almeno, nessuno può entrare.

Il confine tra opinione e disinformazione, sottolinea Azzolini, è molto fine e i gestori dei social network, benché animati da nobili principi, non dovrebbero impegnarsi nel compito (peraltro non sempre facile) di distinguere le due cose.

Ritornando però alla missiva che il Garante per la privacy ha inviato a

Meta, va sottolineato che non è il momento di cedere agli allarmismi e non c’è certezza che questo momento arriverà. Si tratta di una richiesta di chiarimenti, una necessità di precisazioni che non è sinonimo di irregolarità.

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