"Ci rivedremo presto" sul traduttore di Google diventa "inshallah"

Un'anomalia piuttosto recente come confermato anche da un portavoce di Google Italia, e che quindi difficilmente è estranea alla tensione generata dagli attentati di Parigi

Il quartier generale di Google a Mountain View, in California
Il quartier generale di Google a Mountain View, in California

Rientra l'errore di traduzione di Google Translate, che dall'italiano in qualsiasi lingua ieri pomeriggio ha tradotto "ci rivedremo presto" con la parola araba "Inchallah" ("sia fatta la volontà di Allah"), quasi a mò di minaccia o di stupido scherzo, ma è ormai evidente che l'attenzione relativa agli attentati di Parigi è altissima anche su web e social network.

Non è ancora chiaro se l'episodio di oggi pomeriggio che ha riguardato Google Traduttore sia opera di hacker o di burloni del web, ma ha indotto comunque l'azienda di Mountain View a correre ai ripari davanti a una traduzione sbagliata che non poteva passare inosservata.

La frase "ci rivedremo presto" su Translate dall'italiano ad altre lingue diventava "Inchallah", ovvero "se vuole Allah". Una anomalia comparsa ieri pomeriggio, "piuttosto recente" come confermato anche da un portavoce di Google Italia, e che quindi difficilmente è estranea alla tensione generata dagli attentati di Parigi.

Google Translate è pur sempre un traduttore automatico, ricorda Google, e come tale non è perfetto. Però annovera anche l'elemento umano per "migliorare" le traduzioni offerte, con un sistema collaborativo che potrebbe essere stato sfruttato per provocare l'irruzione di "Inchallah".

Se si sia trattato di minaccia o di scherzo per ora non è chiaro. L'episodio è sintomatico del fatto che il web è protagonista a tutti gli effetti anche nel teatro del terrore globale. L'opera di proselitismo online dello Stato Islamico è un fatto appurato, come pure sembrerebbe certo lo scambio di messaggi fra gli attentatori di Parigi sulla chat della PlayStation, un sistema col quale si sono potuti confondere nel mucchio.

La cyber guerra dichiarata da Anonymous ai terroristi è un'altra evidenza: il video messaggio degli attivisti rilasciato dopo gli attentati di Parigi ha raggiunto anche tra gli utenti italiani picchi di diffusione altissimi. Sui social è virale la solidarietà digitale, a suon di hashtag e foto profili con i colori della bandiera francese, ma debuttano pure nuovi strumenti di utilità sociale.

Uno è stato il Safety Check di Facebook, che per la prima volta è stato utilizzato per avere notizie delle persone colpite da un'emergenza diversa da un disastro naturale.

Con tanto di polemiche - immancabili - di chi ha lamentato da parte del social un'attenzione in più rispetto per i morti europei rispetto ad altri, ad esempio a quelli degli attentati a Beirut appena il giorno prima. Critiche che hanno indotto lo stesso fondatore di Facebook a motivare la scelta, assicurando che l'opzione migliorerà.

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