Teheran insulta Carla Bruni Tutti zitti, nessuno s’indigna

I giornali iraniani danno della "prostituta" alla signora Sarkozy. La sua colpa: essersi schierata contro la lapidazione di Sakineh

Teheran insulta Carla Bruni  
Tutti zitti, nessuno s’indigna

In altri tempi sarebbe stata una dichiarazione di guerra: non si è mai dato di prostituta alla moglie di un re, di un primo ministro o un presidente di un Paese straniero, e nemmeno all’anima gemella di un qualsiasi uomo di onore senza che, nella storia e nella letteratura, questo creasse reazioni di sdegno popolare, diplomatico, ritiro di ambasciatori, duelli, cazzotti…

Invece Carla Bruni, per aver difeso la vita di Sakineh Mohammadi Ashtian, la donna iraniana condannata alla lapidazione, dicendo che «la Francia non abbandonerà la signora Mohammadi Ashtiani madre di famiglia di 43 anni» si è vista trattare da «prostituta» prima da un giornale conservatore di Teheran, Kayhan, poi da un sito internet vicino al governo, e infine dalla televisione iraniana, senza nessuna reazione significativa, né diplomatica, né personale.

Eppure i ripugnanti testi dicono che la Bruni, e anche la famosa attrice Isabelle Adjani, hanno una comprovata fama di prostitute, e che per questa vicinanza morale difendono Sakineh, una delinquente licenziosa come loro. Il duello è in vista? No, non si muove nulla, nessun intellettuale, ministro, governo, nessun funzionario dell’Unione europea. Eppure, guardiamo che le dicono: la first lady francese sarebbe «una attrice e una cantante depravata che è riuscita a disgregare la famiglia Sarkozy e a sposare il presidente francese» e che «gli antecedenti mostrano chiaramente perché questa donna immorale abbia dato il suo sostegno a una donna condannata per aver commesso adulterio e accusata (accusa aggiunta dal tribunale a quella originale quando la critica internazionale si era fatta insostenibile, ndr) di aver preso parte all’omicidio del marito». Insomma, in una parola, ma una parola islamista, la signora Sarkozy, secondo i media iraniani essendo come Sakineh una prostituta, altro non è che una donna che merita la lapidazione. È una fatwa sessuale. Non soltanto gli è dato di prostituta, ma è anche indicata, in base al ragionamento e alla logica religiosa che accompagna l’accusa, come una persona che merita la morte.

Più in grande: tutte le donne che difendono oggi l’iraniana Sakineh sono spinte da un istinto perverso e lascivo, sono prostitute da lapidare. A questo punto, inghiottire le accuse a Carla Bruni è evidentemente un pericolo e un’umiliazione per tutte le donne. Vorremmo che ci fossero durissime reazioni anche ufficiali in difesa della signora Bruni-Sarkozy contro la feroce, pericolosa volgarità iraniana, sempre più contagiosa nel discorso internazionale in cui ormai il mondo islamista estremo va in giro minacciando di morte i suoi supposti nemici, in cui ogni discorso interreligioso è abolito dall’imperialismo della sharia (prima Osama bin Laden che dichiara guerra ai «crociati e agli ebrei», poi il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che invita il presidente degli Stati Uniti a convertirsi, adesso il colonnello Muammar Gheddafi in visita in Italia che vuole rendere islamica l’Europa, tutto con sguaiata aggressività): la first lady francese ha tutto il diritto, come lo abbiamo tutti noi, a ritenere che la lapidazione sia parte di una barbarie che rifiutiamo, ha diritto, ed è anzi coraggioso da parte sua in quanto moglie di un presidente, di cercare di salvare Sakineh.

È la solita paura di un ignoto aggressivo, irrazionale, imprevedibile, ciò che impedisce di spiegare con determinazione all’Iran che non deve osare attaccare così la Francia che la signora Carla Bruni la rappresenta in quanto first lady.

Non abbiamo lasciato, alla fine, che l’Iran entrasse a far parte, con tutto quello che fa alle donne, della Commissione delle Nazioni Unite per la condizione delle donne?
Che la Bruni piaccia di più o di meno, essa è una di noi, è in tutto occidentale, con la gonna corta, il lavoro di cantante, i suoi passati fidanzati, la sua passione evidente per la libertà.
Tutto questo non ha nulla a che fare con la moralità: ha invece moltissimo a che fare con la decenza di combattere per salvare l’iraniana Sakineh dalla lapidazione.

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