Milano - Corrado Passera prende idealmente la guida dei banchieri italiani e, su Telecom, rilancia la posta: «Per Telecom Italia è «possibile lavorare anche con altre istituzioni finanziarie», ha detto ieri l’ad di Intesa Sanpaolo. Una frase secca che però arriva dopo la tempesta dei primi giorni della settimana, culminata con l’esclusione del presidente Guido Rossi dalla lista per l’elezione del prossimo cda. Decisione che ha fatto infuriare Mediobanca. E che spinge ora Passera a lanciare una sorta di appello al «sistema»: come a chiamare a raccolta banche, istituzioni finanziarie e Fondazioni per candidarsi al controllo del capitale del gruppo di tlc. Vanno bene i partner industriali e va pure bene che questi siano At&t e America Movil. Ma in minoranza: «Telecom è un'azienda di grandissima importanza per il nostro Paese. La stabilità del suo azionariato può contribuire a rafforzarla e a permetterle di giocare ancora più di oggi un ruolo da protagonista nel suo settore».
Il ragionamento di Intesa è quello che Telecom è un gruppo che richiede un nuovo e stabile azionariato in grado di fare due cose: togliere il peso del debito e pianificare gli investimenti strategici. Un intervento di questo tipo, per Passera, deve essere a base nazionale. Con uno o più partner industriali, anche stranieri. Ma il fulcro deve rimanere italiano. Il che, almeno in linea di principio, non sembra in contrasto con le dichiarazioni concilianti di At&t, che non intende colonizzare Telecom.
Sembra invece meno praticabile la strada di un intervento finanziario minoritario al fianco di At&t e America Movil. Una possibile soluzione in questo senso è quella di pensare alle banche come alla terza gamba della futura Olimpia: se gli americani e i messicani hanno offerto di rilevare il 33% cadauno di Olimpia (la scatola che detiene il 18% di Telecom) da Pirelli e Benetton (che di Olimpia detengono rispettivamente l’80 e il 20%), il rimanente 33% (opzionato dagli stessi offerenti) potrebbe diventare il sistema condiviso per far entrare una cordata Intesa. Ma questo viene escluso dalla visione di Passera: spendere 2,82 euro per azione Telecom (questo è il prezzo offerto dagli americani) per contare il 33% non avrebbe alcun senso. Mentre, sempre nella visione di Intesa, non si capisce perché sia così difficile, per il sistema, mettere insieme 4 o 5 miliardi per costituire il nocciolo di base dell’operazione. Quattro anni fa le banche fecero un investimento ben più rischioso quando prestarono 3 miliardi a una Fiat che perdeva cassa a bocca di barile. Mentre Telecom, presenta un margine operativo lordo di 12,8 miliardi e utili netti di tre.
Tecnicamente l’operazione potrebbe prevedere la nascita di una Newco nella quale Americani e messicani controllino il 49%, ma abbiano per esempio il diritto di nominare il management. Mentre il 51% farebbe riferimento al «sistema», con Intesa, ma anche con Mediobanca e Generali, che potrebbero conferire alla newco il loro 6%. In proposito il finanziere Vincent Bolloré, socio di Mediobanca, ha ieri dichiarato: «Siamo molto attenti al fatto che l'operazione sia perfettamente chiara e nell'interesse italiano».
In questo modo la nuova società partirebbe da un 26% che, facilmente potrebbe lievitare fino alla soglia dell’Opa del 29% del capitale di Telecom Italia.
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