Peter Suderman, columnist del New York Times, in un editoriale recentemente pubblicato ha abbattuto tutti i pregiudizi che gravano sul mondo dei videogiochi, da sempre considerati prodotto di profilo culturalmente più basso rispetto, ad esempio, a quello musicale e cinematografico. Se da un lato nell'industria dell'intrattenimento di massa nulla è più ambito dei videogame, soprattutto in questo periodo di shopping natalizio, dall'altro vengono marginalizzati dal punto di vista culturale in quanto considerati uno svago vacuo (quando va bene) o addirittura una perdita di tempo dannosa a livello psicologico, soprattutto per i giovani di sesso maschile con problemi sociali.
Effettivamente - secondo il columnist - molti videogiochi sono violenti e futili ma altri stanno prendendo una forma propria artisticamente molto vicina all'evoluzione del cinema del Ventesimo secolo e della Tv degli ultimi venti anni. Titoli come Red Dead Redemption 2 oppure Fallout 76, certamente violenti visto che si ispirano rispettivamente ai tradizionali film sulla mafia e a un West post-apocalittico e sono basati sul bisogno del giocatore di rimanere in vita, sono anche didascalici in quanto lo spingono a una dinamica di gioco più propensa alla riflessione. In pratica sono costruiti su percorsi esistenziali basati sul concetto che - come nella vita reale - occorre fare scelte e poi convivere con gli esiti di queste. E qundi occorre sempre prendersi le responsabilità per come si è vissuto.
Il più importante trattato di strategia che sia mai stato scritto, L'Arte della Guerra attribuito a Sun Tzu, generale cinese vissuto probabilmente tra il VI e il V secolo a.C., dice: «Solo valutando tutto esattamente si può vincere, con cattive valutazioni si perde. Quanto esigue sono le probabilità di vittoria di chi non fa alcun calcolo!». Il problema, per noi esseri umani contemporanei, è che troppo spesso calcoliamo veramente poco, anche nella quotidianità. Così, quando si tratta poi di fare importanti scelte, ci scopriamo pessimi strateghi.
Nel gioco è un conto, ma nella vita reale se fai male i tuoi conti e sottovaluti le tue strategie, sbagli. E se sbagli, paghi. Però, anche, è entusiasmante il fatto che più paghi, più puoi comprendere. Sottolineo: puoi comprendere. La comprensione è ciò che veramente resta di tutta l'esperienza. Ciò che si può condividere. Solo una vera comprensione può diventare un riferimento reale per i nostri pensieri e le nostre emozioni. E divenire ciò che ci accompagnerà per sempre: un modello, una misura. Così, quando noi saremo effettivamente quella misura, allora diventeremo un modello anche per gli altri oltre che per noi stessi.
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