Di solito le questioni di politica sportiva vengono vissute con un «uffa che barba», peraltro meritato. Ma sentite questa: il numero uno di una federazione che sta dando lustro alla nazione e un sacco di soldi di ritorno allo Stato, scopre di essere indagato dalla Procura (sempre sportiva, s'intende) proprio alla vigilia del giorno in cui porta i suoi atleti al Quirinale, invitato dal Presidente della Repubblica. Strana l'Italia, no? E soprattutto: ricorda qualcosa?
Insomma: il concetto di giustizia ad orologeria si mette le mitiche Stan Smith per entrare in campo, perché l'episodio che ha coinvolto Angelo Binaghi - il presidente della Federtennis e Padel che ne ha parlato ieri su Repubblica -, assume dei contorni di cui di solito ci si occupa per vicende ben più importanti (anche se Sinner che vince il terzo Slam, la seconda Coppa Davis consecutiva e la Billie Jean King Cup hanno, diciamolo, sono cose importantissime). E allora, che è successo? Già nel 2023 un'intervista Binaghi aveva portato a un richiamo del Garante, poi archiviato, per le dichiarazioni dopo la prima vittoria in Coppa Davis: «Dedicata a chi in tutti questi mesi, nonostante questi successi sportivi e organizzativi, non ha trovato la forza di fare una volta i complimenti al movimento e alla federazione» (in realtà non sapeva che il capo del Coni lo aveva fatto via social). Lui, però, non si è fermato lì, tanto che l'ulteriore episodio incriminato passa per una chiacchierata con il Corriere nel quale ha testualmente detto (tra le altre cose) «mi sono reso conto che il Coni è un organismo con una struttura obsoleta e antidemocratica». Da qui la segnalazione del Garante del Codice del Comportamento Sportivo al Procuratore Generale dello Sport e al Procuratore Federale della Fitp. A qualcuno, insomma, è venuto un sospetto.
Giovanni Malagò e Angelo Binaghi non si amano, ma martedì erano nella stessa stanza, al Colle, per celebrare i grandi trionfi italiani del 2024 con Sergio Mattarella. Ovvio che in molti abbiano collegato il gelo tra i due, e i loro rispettivi ruoli istituzionali, con l'indagine della procura sportiva a orologeria. E Binaghi, giustamente, s'indigna con la puntuta ironia che gli è propria: «Che onore: sono indagati Meloni e Sinner, ora lo sarei anche io. Vado fiero delle mie idee, nessuno mi può intimidire, rappresento una scomoda voce di dissenso. Se mai fosse chiederei un processo a porte aperte, con le televisioni. Griderei non la mia innocenza ma la fondatezza delle mie teorie, dati alla mano. Questa vicenda, mettiamola così, è il mio Collare d'oro». Che poi sarebbe il massimo premio del Coni.
In pratica: un processo? Speriamo davvero non si arrivi a tanto. E comunque per fortuna nello sport il tintinnar di manette è quantomeno sostituito al massimo da una squalifica. Ma la curiosità della vicenda è che il Garante di cui sopra si chiama Giuliano Amato, sì proprio lui, il Dottor Sottile grande appassionato di diritti e rovesci (che tra l'altro ha pure sbagliato procedura: possibile?).
Certo: «antidemocratico» non è un termine carino da utilizzare per il massimo ente sportivo italiano, ma chissà che tra una corrente (politica) e l'altra, qualcuno non si sia sentito offeso. Giustizia a orologeria? Dài, non ci vogliamo credere. Eppure, a pensar male... (Andreotti non era un sportivo, ma in fondo la sapeva lunga).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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