Il terrore islamico nel cuore del Marocco

Una bomba che uccide diciassette persone, ne ferisce oltre venti e colpisce al cuore il Marocco. Se è vero che Marrakesh è la più conosciuta delle città imperiali del regno atlantico, al quale ha dato il nome, e che piazza Jemaa El Fna ne è il nucleo vitale, circondata com’è dalla medina, è anche vero che l’Argana Cafè è il bar più frequentato dai tantissimi turisti stranieri che affollano quotidianamente Jemaa El Fna. E la terrazza di quel locale, completamente distrutta dalla bomba, è il punto d’osservazione ideale per godersi lo spettacolo della grande piazza, che dall’alba al tramonto è un mosaico di bancarelle e all’imbrunire diventa un palcoscenico a cielo aperto per musicisti, cantastorie, giocolieri e incantatori di serpenti.
Dunque, attentato in pieno giorno, alle 11.50 ora locale, le 12.50 in Italia. Dei morti tre sarebbero marocchini, almeno sei francesi e un britannico, dei feriti sette sarebbero francesi, due olandesi, due svizzeri, due russi e due tunisini. Secondo la Farnesina non dovrebbero esserci italiani né fra i morti né fra i feriti. Dopo che all’inizio la polizia aveva informato i media che quasi sicuramente l’esplosione era stata accidentale (si era parlato di numerose bombole di gas), prima gli stessi investigatori e poi il governo hanno dovuto ammettere che all’Argana Cafè era scoppiata una bomba. E ogni dubbio è stato fugato quando negli ospedali dove erano stati ricoverati i feriti fonti mediche hanno reso noto che nei corpi delle vittime erano stati trovati chiodi e pezzi di ferro. Fra i primi a condannare l’attentato il presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, che ha parlato di atto «crudele, odioso e codardo». Solidarietà al Marocco è arrivata da molti altri Paesi, fra i quali l’Italia. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha diffuso una nota in cui si legge che «persone innocenti hanno dovuto pagare un pesante prezzo di sangue al terrorismo internazionale». E la Farnesina, pur non avendo inserito il Marocco fra le mete a rischio, ha sconsigliato i viaggi nella zona dell’attentato. Avviso tempestivo e quanto mai opportuno, dato che il regno dell’Atlante è il solo Paese del Nord Africa ancora appetibile dal punto di vista turistico. E che nel 2010 è stato la destinazione vacanziera per ben 210mila italiani, dei quali la quasi totalità è stata a Marrakesh, dove molti nostri connazionali sono attivi nel settore alberghiero.
Quanto alle indagini, secondo alcuni testimoni pochi minuti prima dello scoppio due uomini vestiti in abiti sportivi sono entrati all’Argana, hanno bevuto del succo di frutta e sono usciti. E poche ore dopo l’attentato il sito marocchino «Hespress» riportava la notizia dell’arresto di un sospetto che si trovava nel bar con una grande valigia e che nell’imminenza dell’esplosione si sarebbe allontanato dal locale dopo aver consumato un’aranciata. E mentre nella capitale Rabat il re Mohammed VI ordinava che l’inchiesta sia condotta, come si legge nel comunicato ufficiale diffuso dalla Casa reale, «con tutta la rapidità e la trasparenza necessaria», i commentatori marocchini e internazionali si sbizzarrivano in tv e su internet nelle interpretazioni politiche dell’attentato che riporta il Marocco al 2003, quando a Casablanca 12 kamikaze provocarono 45 morti.
Qualcuno ha ricordato che l’Argana Cafè è saltato in aria - insieme con le speranze di un Marocco del tutto preservato dagli spettri di terrorismo, strategie della tensione e scenari yemeniti, siriani o libici - alcuni giorni dopo la scarcerazione di alcuni fondamentalisti islamici.

Altri hanno rilevato che mercoledì scorso il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha assunto un’importante decisione sull’ex Sahara spagnolo, occupato dal Marocco, scontentando gli indipendentisti del Fronte Polisario che da sempre si battono contro le truppe di Rabat.
Secondo Dominique Moisi, consigliere dell’Ifri - Istituto francese di relazioni internazionali -, punta il dito contro l’estremismo islamico «rimasto spiazzato dai movimenti di protesta in Tunisia ed Egitto».

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