Un testo vecchio di 16 anni

Giuseppe Salvaggiulo

Il testo di legge dell’indulto? Uguale a quello di sedici anni fa. Quando c’erano il governo Andreotti VI, il Guardasigilli Vassalli, gli indipendenti di sinistra, Democrazia proletaria. Lo scorcio finale della Prima Repubblica. All’inizio del 1990, la Camera iniziò a discutere due proposte di legge di indulto (una di deputati indipendenti di sinistra per i terroristi, l’altra di democristiani per tutti i detenuti) e una di amnistia voluta dal governo Andreotti per sfoltire i processi pendenti dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
L’amnistia fu approvata ad aprile. Il punto più discusso fu l’inserimento dei reati di criminalità finanziaria e politica. E furono i ministri socialisti Giuliano Vassalli (Giustizia) e Rino Formica (Finanze) a opporsi a un fronte trasversale (dalla Dc al Msi). Più laborioso l’iter dell’indulto, sollecitato dalle proteste dei detenuti. Fu l’avallo del governo a sbloccare la situazione. Da luglio si lavorò su un testo unificato: sconto di due anni di detenzione e 10 milioni di lire per le pene pecuniarie; esclusione di una decina di reati; annullamento del beneficio in caso di nuovo reato commesso entro cinque anni. Schema analogo al testo in votazione oggi alla Camera, a parte la leggera variazione dei termini e l’esclusione di alcuni reati (come pedofilia e terrorismo internazionale) che all’epoca non esistevano.
Il 3 ottobre 1990 la Camera approvò la proposta di legge sull’indulto a larga maggioranza. Il 20 dicembre toccò al Senato.

Contrari solo missini, repubblicani e soprattutto liberali, che si appellarono (invano) al presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Qualche mal di pancia nella Dc. Flaminio Piccoli scrisse su Avvenire: «A persone che sono in carcere da troppi anni deve oggi essere restituita la possibilità di dare un loro contributo alla risorta società italiana».

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