È il Tg1 l’ultimo feudo del posto fisso

È il Tg1 l’ultimo feudo del posto fisso

di Vittorio Macioce

La Rai sopravvive in una sorta di tardo medioevo. Non ci sono posti di lavoro. Ci sono feudi. Quando il vassallo riceve una fetta di «terra» e di potere non è facile cacciarlo. È un diritto di proprietà. Il cambio di poltrona diventa usurpazione. Chi lavora alla Rai non è un semplice dipendente. Non è come tutti gli altri. Non è protetto solo dall’articolo 18. È coperto da una consuetudine feudale. Questa terra è la mia terra: fino alla pensione. I feudi più prestigiosi sono quelli di chi va in video, i salotti da prima e seconda serata e la nobiltà dei mezzibusti. È la galassia pubblica dei principati e dei ducati. È per questo che quando uno di questi feudatari viene oscurato in Rai scoppia la rivolta dei baroni.
Il caso Tg1 non fa eccezione. Il direttore Augusto Minzolini ha ridisegnato la squadra. Capita in tutti i giornali e in tutte le aziende. Non sappiamo i motivi delle sue scelte. Magari sbaglia. Affari suoi. I direttori, comunque, certi giri di valzer li fanno. Mette uno qua, l’altro lo sposta di là, a qualcuno va bene, a molti di solito va male. Il direttore se sbaglia prima o poi paga. Pochi resistono in eterno. Non gli si può strappare il dovere di sbagliare con la propria testa. Pensa che quel giornalista non va più bene per la prima serata? Farebbe un errore a tenerlo lì solo per quieto vivere, per non toccare equilibri e consuetudini feudali.
Ma Minzolini non può. Se Minzolini gira le poltrone è un epuratore. È quello che scrive Tiziana Ferrario, che ha perso il feudo da mezzobusto al Tg1 delle 20. La lettera appare in bacheca: «Quello che sta accadendo da mesi in questo giornale, le emarginazioni di molti colleghi, i doppi e tripli incarichi di altri, le ripetute promozioni e le ricompense elargite sotto forma di conduzioni e rubriche sono il frutto di una deregulation che ci sta portando a una perdita di credibilità». Le rimostranze della Ferrario arrivano dopo il j’accuse, con un’intervista a Repubblica, di Maria Luisa Busi. Il tema è lo stesso. Ferrario scrive: «Da mesi siamo sui giornali, sotto pressione non certo per gli scoop che abbiamo messo a segno, perché non vedo scoop da tanto tempo, ma per le aspre polemiche che ci circondano». L’appello chiede ai colleghi di non restare in silenzio.
Solo che la redazione è spaccata. La vecchia aristocrazia perde potere e si sente minacciata. I nuovi volti, quelli relegati per anni dietro le quinte, non gradiscono questo atteggiamento da «dopo di noi il diluvio». La bacheca del Tg1 si riempie di lettere che contestano le parole della Ferrario. Una delle più dure è Laura Mambelli, promossa alla conduzione di mezza sera ed ex collaboratrice di Santoro. La sua risposta in sintesi è questa: ma dopo 29 anni in video che vuole? La cosa difficile da digerire è questa idea del mezzobusto a tempo indeterminato. Verso sera in bacheca appare una lettera firmata Hugo Grotius. «Questa notte mi sono affannato in una serrata consultazione di testi giuridici per verificare se nonostante anni di studio del diritto esisteva in me una grave lacuna: la non conoscenza del “diritto di proprietà di condizione televisiva”. Si potrebbe pensare all’enfiteusi (parola di cui dubito lei conosca il significato) che è un diritto reale di godimento su proprietà altrui ma si tratta di una fattispecie diffusa nel Medioevo scarsamente applicabile alle conduzioni televisive». Chi si nasconde sotto lo pseudonimo del giurista olandese? Qualcuno fa il nome del vice direttore Gennaro Sangiuliano. Lui smentisce, ma i dubbi restano.
La Rai sembra resistere fuori dal tempo. L’aristocrazia non ha ricordi di precariato. Non sa cosa significhi la parola flessibilità. Non si accontenta delle garanzie dell’articolo 18, merce rara per un’intera generazione, ma lo estende alla poltrona, alle proprie abitudini, alla mazzetta dei giornali, al proprio status. Il mezzobusto come titolo nobiliare. Una volta mezzobusto, sempre mezzobusto. Questo è quello che replicano, offesi, molti colleghi della Ferrario. È quello che sostiene a muso duro Minzolini: «La Ferrario stava lì da 29 anni e passa.

Un totem come Frajese in video ci rimase 10 anni, Vespa sei. Non era giusto cambiare?». Come ha detto qualche tempo fa Mentana a Tetris: «La libertà di stampa non è a rischio solo perché io non vado in video». E questo forse vale anche per Tiziana Ferrario.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica