Tintoretto e S. Caterina, una tragedia barocca

Santa Caterina, come una regina, sposa di Cristo. Così l’ha dipinta Jacopo Tintoretto in un tripudio di luci, vestita di sontuoso broccato, la corona in testa. Affascinante e sensuale, mentre deposto vestito e corona, viene fustigata, i piccoli seni nudi e il morbido bacino coperto da un civettuolo perizoma annodato ad un lato. Sono tempi di Controriforma, i santi devono parlare alla gente e raccontare le loro sofferenze e la vittoria sul male. Santa Caterina d’Alessandria che, per aver rifiutato di sposare l’imperatore Massenzio nel IV secolo, viene punita col martirio della ruota dentata, incarna il ruolo della sposa di Cristo. E Tintoretto, ispirandosi in parte alla Legenda aurea di Iacopo da Varazze, ne rappresenta la storia in sei teleri destinati al presbiterio della chiesa veneziana di Santa Caterina. Crea grandi scenografie, e con sferzate di luce e ombra dà un sapore tragico alle storie.
Passate nel Palazzo Patriarcale, residenza del Patriarca di Venezia, le tele sono esposte al pubblico per la prima volta nella loro completezza al Museo Diocesano di Venezia insieme a circa quaranta opere appartenenti tutte alle collezioni patriarcali. Un’occasione rara per apprezzarle, visto che a causa della loro collocazione sono state piuttosto trascurate dalla critica.

A introdurre nelle affascinanti storie di Tintoretto, una suggestiva Natività di Giambattista Tiepolo, alcuni dipinti anonimi con i Profeti, che costituiscono i bozzetti dei mosaci della Basilica Marciana, un’Ultima Cena di Palma il Giovane e opere sacre venete e toscane.

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