Togliatti, l’Ungheria e l’alibi di Napolitano

Massimo Caprara

Ci sentiamo personalmente chiamati in causa dalla serietà e dalla lealtà del nostro civilissimo presidente della Repubblica nella sua intervista pubblicata nella «Storia di copertina» del periodico Panorama del 9 novembre scorso. Però non dobbiamo confondere le date.
Noi critichiamo il comportamento di Togliatti e quindi di Napolitano nel novembre del 1956 e perciò il comportamento distaccato e ostile del capo del Pci e della sua nomenklatura dalla sollevazione ungherese. Essi furono apertamente contrari e quindi nemici della prima rivolta democratica dell’Europa. Il 21 agosto del 1968 ci fu invece l’occupazione sovietica di Praga e perciò la lotta della popolazione cecoslovacca contro Breznev, il dittatore russo. A questa occupazione, come all’altra del 1956, fu coerentemente avversa una parte notevole dell’intellighenzia del Pci che si pronunziò per prima e nettamente appoggiò Alexander Dubcek, segretario del partito comunista cecoslovacco e capo dell’insurrezione della «primavera di Praga». Non si possono confondere, come fa il presidente della Repubblica, l’affabile e cortese Capo dello Stato italiano, nella sua intervista, le due date e prendersi gioco della verità mescolando i periodi che sono pietre miliari per la nascita e la crescita del processo antistatalista e antidittatoriale dei Paesi del blocco dell’Est. Mi sembra oggi, con il doveroso rispetto, di poter dire all’onorevole Napolitano che la sua non è «un’analisi acuta e impietosa, una profonda evoluzione», ma un mescolio di epoche e fatti, una scappatoia che non è lecita neppure a un Capo di Stato. Mi rendo conto che sulla coscienza dell’onorevole Napolitano pesi come un macigno questo errore politico che neppure oggi viene consapevolmente riparato con una adeguata autocritica. Gli errori politici non solo bisogna correggerli, ma rivederli con impegno e rigore, senza ad essi sfuggire, né sminuirli.
Non si tratta invero di banali imprecisioni, ma di qualcosa che tocca il sentimento e la ragione di migliaia di uomini che scesero nelle piazze di Budapest nel 1956 e vi celebrarono la prima grande protesta contro il regime stalinista. Il punto è proprio questo: schierarsi o no a favore di Togliatti e della sua visione reazionaria. Il comunismo, battuto ovunque, resiste ancora per questi inammissibili trasformismi.


È inutile coprirsi dietro l’alibi di uno scarso peso avuto allora nella situazione e dire che «ero appena Segretario di una piccola federazione provinciale del Pci, quella di Caserta». Le corresponsabilità nel passato non si nascondono né si diminuiscono dietro ruoli meno rilevanti, ma pur sempre vincolati allo stesso pensiero ideologico che anch’io ho condiviso per troppo tempo.

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