Torna la fiducia in Irak. Rientrano i profughi e crollano gli attentati

Le sorti della guerra stanno cambiando grazie al generale Petraeus: 3.100 famiglie sono tornate a Bagdad da Siria e Giordania, pochissime le vittime Usa

Torna la fiducia in Irak. Rientrano i profughi e crollano gli attentati

A settembre, dopo la sua relazione al Congresso sulla situazione irachena, i democratici lo accusarono di metter in scena una fiction. Il generale David H. Petraeus, comandante delle truppe americane in Irak, la chiamava surge, ovvero rimonta. Ora le cifre parlano per lui e raccontano di un’autentica rivincita, di un’inversione di marcia senza precedenti in quattro anni di guerra. Il dato più impressionante è quello sul ritorno a Bagdad di 3.100 famiglie. Erano fuggite in Siria e Giordania per sottrarsi alle carneficine della capitale. Negli ultimi novanta giorni sono tornati a casa e si sono rimessi al lavoro. La fiducia si basa anche sui numeri. Ad ottobre la media dei morti iracheni, civili o militari, è scesa da 56 al giorno a meno di 30. I 905 cadaveri registrati dagli obitori lo scorso mese non fanno ancora pensare alla Svizzera, ma una mortalità così contenuta non si registrava, dati alla mano, dalla primavera del 2006.
A farlo capire contribuiscono le foto di Joseph Liath tornato a vendere liquori nel suo negozio di Bagdad o i racconti del suo concorrente Fami Ameen nuovamente a suo agio nel servire ouzo, arak e whisky nell’affollata bottega di Assassin’s Gate. Mesi fa avevano abbandonato tutto. Ora si sentono abbastanza sicuri da sfidare le minacce fondamentaliste, farsi fotografare e rilasciar interviste. A suggellare la ritrovata fiducia contribuiscono le parole di chi torna. «Sei mesi fa non andavo più a lavorare, per la paura non mi affacciavo neppure alla porta del giardino, ora è decisamente meglio», spiega Saad al-Azawi rientrato con moglie e quattro figli da sei mesi di esilio in Siria.
Se gli iracheni tornano a sorridere i soldati americani piangono meno. Ad ottobre hanno perso 39 colleghi, un dato in assoluta controtendenza rispetto alla seconda metà del 2006 e a tutto il 2007. Dal marzo 2006 ad oggi era, infatti, sempre andata peggio. Statisticamente il dato attuale è anche più significativo. I 39 caduti di ottobre sono la proiezione di un contenimento iniziato a maggio, quando 126 americani tornarono a casa nei sacchi neri. Allora la surge, la “rimonta” studiata e voluta da Petraeus, il miglior esperto di strategie anti insurrezionali dell’esercito americano, era appena all’inizio. A gennaio il generale aveva preteso e ottenuto trentamila uomini in più da dislocare nelle aree chiave del Paese e della capitale. I 104 morti di aprile, il picco di maggio e i 101 caduti di giugno corrispondono ai momenti decisivi dell’offensiva. La situazione migliora dall’inizio dell’estate, quando i trentamila rinforzi si ambientano e assumono il controllo dei nuovi avamposti. Da allora le statistiche registrano 78 caduti a luglio, 84 ad agosto e 65 a settembre fino alla positiva caduta ottobrina. A questi dati fa seguito l’annuncio del generale David Edgington secondo cui ieri, per la prima volta in molti mesi, gli aerei e gli elicotteri americani non hanno messo a segno alcun raid armato.
I trentamila soldati in più non devono ingannare. La “rimonta” di Petraeus si basa poco sulla forza e assai di più su un complesso meccanismo militare e diplomatico rivolto alla riconquista del cuore e delle menti sunnite e sul contenimento dello strapotere delle milizie sciite. Per realizzarlo Petraeus contatta i capi tribali sunniti stufi del fondamentalismo qaidista e li convince a combattere contro le milizie fedeli a Osama Bin Laden. In cambio garantisce sovvenzionamenti, protezione per il rilancio delle attività economiche e un severo contenimento dello strapotere delle milizie sciite. Il risultato più strabiliante lo ottiene nella provincia di Anbar, trasformata in dieci mesi da santuario qaidista in icona della nuova collaborazione con le tribù sunnite.

Il severo controllo imposto ai confini con l’Iran, l’aggressiva politica di dissuasione contro le milizie sciite, suggellata dalla ritirata di Moqtada Sadr, e la stretta vigilanza imposta sui quartieri nevralgici di Bagdad hanno inoltre abbassato il livello della guerra civile e reso meno mortifera la capitale. Non è ancora la vittoria, ma sicuramente la prima decisiva rimonta dopo quattro anni di errori e sconfitte.

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