Tornano farfalle e uccelli: la natura batte i catastrofisti

Molte specie animali che gli ambientalisti davano per spacciate sono tornate a godere di ottima salute

Tornano farfalle e uccelli: la natura batte i catastrofisti

Chiamatele buone notizie, anche se piccole, o il segnale della potenza della Natura con la n maiuscola. Ma in un periodo storico in cui si sta assistendo alla scomparsa a ritmo accelerato di migliaia di specie, con un recente rapporto delle Nazioni Unite che stabilisce in un milione le specie a rischio, tanto che si parla di sesta estinzione di massa, qualche buona notizia ogni tanto c'è.

La perdita di biodiversità può non essere definitiva, ma ciò che l'uomo ha distrutto va da lui rimediato. Due casi recenti lo dimostrano e arrivano dalla Gran Bretagna in panico da Brexit. Dove però almeno alcune specie date per disperse sono ritornate con l'arrivo della primavera. Un primavera vera, con tanto sole e quel po' di pioggia, beati loro. Che è piaciuta assai a specie ad altissimo rischio come alcune farfalle e lepidotteri. Tanto da riportare nella incantevole campagna inglese a maggio una aristocratica residente che non si vedeva da tempo, un po' come in un episodio di svolta della serie tv cult Downton Abbey: la variopinta Duca di Borgogna. Ritornata in forze (per modo di dire, ne sono state avvistate 216 tra lo Yorkshire e il Sussex) insieme a un'altra grande assente degli anni passati, la farfalla della fritillaria della palude. Un po' presto per stappare bottiglie di champagne però perché in realtà le 59 specie native del Paese sono tutte in declino, e a rischio.

Certo non è saggio però basarsi sul bel tempo, oggi più che mai volubile, e l'uomo deve metterci una pezza. Cosa fattibile se specie nelle piccole isole. Prendiamo il caso di Lundy, che si trova davanti alla costa del Devon, la più grande delle isole del canale di Bristol (ma è lunga meno di cinque chilometri). Quindici anni fa fu liberata dai ratti, arrivati sulle navi dell'uomo, e da allora la popolazione di pulcinelle di mare è «esplosa», passando dai 13 esemplari del 2001 agli attuali 375. Mentre gli uccelli marini nelle varie specie tra cui le berte dell'isola di Man ma anche urie e gazze marine hanno raggiunto il ragguardevole traguardo di 21mila esemplari. Il motivo è semplice: i ratti razziavano le uova degli uccelli che nidificavano sul terreno e uccidevano i pulcini.

Uno studio recente pubblicato a marzo su Plos One stabilisce come quasi il 10 per cento della popolazione di uccelli, mammiferi, anfibi e rettili a rischio di estinzione potrebbe essere salvata abbattendo selettivamente mammiferi invasivi e introdotti dall'uomo come ratti e gatti, in 169 isole. E 107 di queste sarebbero «tecnicamente e socio-politicamente» pronte all'avvio di uno sradicamento entro il 2020. Si trovano in 34 Paesi, in particolare in Messico, Polinesia francese, Marianne settentrionali e nella regione dei Caraibi. Queste eradicazioni potrebbero potenzialmente avvantaggiare 151 popolazioni di 80 specie di vertebrati autoctoni altamente minacciati.

C'è da dire che non tutti sono d'accordo: già nel caso di Lundy alcuni animalisti erano insorti giudicano assai opinabile la scelta di uccidere sgraditi ratti per salvare uccelli «carini e coccolosi» e amati dai turisti. Una scelta di mercato, insomma. Un caso nostrano del come l'assenza dell'uomo faccia molto bene al resto della natura ce l'abbiamo anche in Italia. È Montecristo isola appartenente al Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Riserva Naturale Statale Integrale e Riserva Naturale Biogenetica. Abitata solo da alcuni agenti del Corpo Forestale dello Stato, è sotto stretta tutela e non può sopportare la visita strettamente guidata di più di 2000 visitatori l'anno (erano mille fino all'anno scorso).

Il tutto per tutelare la sua macchia mediterranea ma anche il discoglasso sardo, una specie di rana, il gabbiano corso e la berta minore, il gheppio, l'aquila reale e il corvo imperiale da un perniciosissimo predatore, l'homo turisticus.

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