Carburanti in volo: perché la crisi è preoccupante

Il boom dei carburanti riguarda sia le fonti tradizionali che quelle a minore impatto ambientale e maggiore resa energetica. E questo è un problema

Carburanti in volo: perché la crisi è preoccupante

Il prezzo dei carburanti è in volo: in tutta Italia, gli ultimi mesi hanno portato a un rincaro generalizzato ei prezzi alla pompa tanto dei principali carburanti basati su fonti fossili quanto di quelli ritenuti utili per una transizione verso fonti meno impattanti. L'ultima rilevazione settimanale del ministero della Transizione ecologica sul prezzo dei carburanti ha, sul primo fronte, accertato che il costo di benzina e diesel aumenta senza sosta in maniera inesorabile e ha tocca livelli record che non si registravano dal settembre del 2013. Da quando, cioè, andava ad esaurirsi il superciclo delle materie prime che sarebbe terminato su scala globale nel 2014.

Il costo del carburante oscilla, dipendendo da ciò che è stato fissato dai diversi marchi, tra 1,776 e 1,797 euro a litro. Mentre anche il prezzo del diesel è salito, raggiungendo 1,654 euro/litro (venerdì scorso era 1,645) con le compagnie posizionate tra 1,653 e 1,666 euro/litro (no logo 1,639). Una crescita sensibile e sistemica che ha pochi precedenti e va in controtendenza con un trend di relativa stabilizzazione della "materia prima", il petrolio, ma interiorizza le tensioni e l'aumento di costi legati al servizio, alla distribuzione e al trasporto. Del resto la materia prima incide sul costo del carburante per appena un terzo. Dal personale alla manutenzione delle strutture ai retailer restano in capo una quota consistente di costi che si sommano all'aumento delle spese non fisse di questo ultimo periodo.

Secondo l’Unione nazionale consumatori per i contribuenti l’aumento dei costi dei carburanti si sostanzierà in una stangata da 363 euro per la benzina e da 361 per il gasolio. Questo potrebbe rendere più conveniente i carburanti ibridi o meno impattanti? Ancora presto per dirlo.

Metano e Gpl sono a loro volta in volo. Nel corso del 2021 e nel primo mese del 2022 il trend dei prezzi dei due gas ha indicato aumenti costanti: per il primo in alcune città (ad esempio Firenze) il prezzo è raddoppiato, sfiorando i due euro al litro, e il GPL fa registrare aumenti del 30% , passando da 0,632 euro al litro del gennaio 2020 ad un prezzo medio di 0,816 euro al litro a gennaio 2022. Secondo AutoMoto, in quest'ottica, "i margini di convenienza per il metano, se i prezzi dovessero rimanere gli attuali" si sono "fortemente ridotti", complice il fatto che "il Governo, che ha annunciato interventi sulle bollette per ridurre la stangata energetica, non ha esteso questi benefici (come la riduzione dal 22 al 5% dell'IVA) per l'autotrazione, dimenticata anche dagli incentivi per la transizione ecologica". Il metano conviene relativamente ancora, anche se il costo delle auto rischia di venire a gravare su questo margine di sicurezza.

Il Gpl ha ricevuto un relativo margine di respiro dato che dopo la chiusura del 2021 con un ulteriore aumento del 4,4% dal 1° dicembre, dal 1° gennaio 2022 le tariffe di base del Gpl sono scese invece per le reti urbane del 7,8% sulla scia del calo dal 1° dicembre dei prezzi di contratto del propano in dollari per tonnellata. Una boccata d'ossigeno che però è solo un breeve rimbalzo positivo nel quadro di una lunga spirale di inflazione del Gpl alla pompa.

La fase turbolenta che interessa il settore energetico è una delle avversità che il nuovo anno eredita da quello precedente, legate ancora una volta dalle numerose interruzioni e partenze del sistema produttivo mondiale. E questa panoramica istantanea sui prezzi dei carburanti ci racconta molto di quanto possa essere difficile pensare di spingere la transizione energetica puntando, in primo luogo, sui metodi di consumo dei cittadini e sulle loro preferenze in termini di carburanti per i propri mezzi di trasporto. La crisi è trasversale a prescindere dal sistema di alimentazione utilizzato. Anzi sono queste dinamiche, nel loro complesso, a mettere il Paese spalle al muro dato che si crea un pericoloso circolo vizioso: i carburanti aumentano notevolmente per la crescita dei costi di trasporto, stoccaggio, gestione degli impianti, dunque per lo sprint inflazionistico dell'energia; a sua volta, l'asimmetria tra domanda in crescita e offerta insufficiente genera un ulteriore rincaro e peggiora la situazione, scaricando il tutto a terra sui settori produttivi ed industriali, dunque aumentando la velocità della spirale inflazionista. Si alimenta così il gap competitivo dell’Italia che deve affrontare i costi per il trasporto merci superiori dell’11% rispetto alla media europea per un valore di 13 miliardi all’anno. Il tutto con un effetto valanga ancora più evidente sul carrello della spesa dei cittadini, dunque su questioni ben più cogenti di qualsiasi vasto programma industriale sulla transizione energetica.

Il governo sarà chiamato ad agire. Money.it sottolinea che "secondo Assoutenti l’intervento dell’esecutivo per contenere il caro-bollette è stato deludente e serve un’azione più incisiva ed efficace sui carburanti, magari sterilizzando l’Iva o riducendo le accise, voci che insieme rappresentano circa il 60% del prezzo di ogni litro di benzina" e un peso importante su tutti i carburanti.

La partita mostra che come in altri settori della transizione energetica anche su questo fronte lo sviluppo di mercati, già rodati da tempo, per fonti a minore impatto non basta: serve liberarli dalla dipendenza contingente del "qui e ora", dalle sfide dei colli di bottiglia, da problemi di investimenti e costi di brevissimo respiro. Perché la transizione deve essere sistema, non diventare vittima degli stessi processi che imbottigliano l'economia tradizionale. In questo caso, è solo retorica.

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