Il ritorno al carbone in Europa frenerà la transizione?

Cosa sta accedendo in Europa con il “ritorno” al carbone dopo l’inizio della guerra in Ucraina

Il ritorno al carbone in Europa frenerà la transizione?

Il grande obiettivo che l'Unione europea vuole raggiungere con il Green Deal è la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030 e conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Per fare questo, la Commissione ha messo a punto un pacchetto di misure rivolte alla transizione energetica a partire dalla riduzione del carbone anche considerando che, nel 2019, circa il 18% del mix europeo di produzione di energia elettrica era basato sul carbone.

Negli ultimi anni, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Europa ha avuto una crescita media annua di 44 TWh, di cui oltre la metà prodotta attraverso l'utilizzo delle nuove "generazioni" di rinnovabile; inoltre, dal 2011 al 2019, oltre l’80% delle nuove energia rinnovabile ha sostituito l'utilizzo del carbone.

Inoltre, Next Generation Eu, il 37% dei 750 miliardi di euro (ovvero 277,5 miliardi) che l'Unione ha stanziato per la ripresa post-Covid dei 27 Paesi membri, sono destinati alla transizione energetica ed ecologica. Insomma tutto procedeva verso la riduzione sancita, anche, con la Coop 26 di Glasgow.

La guerra in Ucraina, però, con la riduzione delle forniture di gas russo ai vari paesi europei, ha frenato bruscamente i piani dell'UE rilanciando gli acquisti di carbone e creando dei veri e propri paradossi anche in ambito industriale. Ad esempio il settore automobilistico, dove si spinge sempre di più verso l'elettrico. Le realtà dell'automotive hanno accettato la sfida della transizione a motori non inquinanti ma ora si sta presentando un problema non di poco conto: per ricaricare le batterie servono le colonnine che a loro volte necessitano di energia proveniente da un sistema di produzione che non dovrebbe essere inquinante. Ma se per compensare la riduzione di gas si ci dirigesse nuovamente verso il carbone, anche se per un periodo di tempo si spera limitato, si finirebbe con il ricaricare macchine non inquinanti attraverso il processo di lavorazione di uno dei materili maggiormente inquinanti sul pianeta. Un paradosso che potrebbe essere risolto solo attraverso l'utilizzo delle rinnovabili.

Anche il passaggio alle rinnovabili, però, non è per nulla facile e presenta delle contraddizioni e criticità rilevanti. Ad esempio, in Italia la siccità delle ultime settimane potrebbe causare il "fermo" delle prime centrali idroelettriche e, pertanto, si dovrà correre ai ripari ricercando la soluzione più immediata, cioè i combustibili fossili e, in particolare, il carbone.

Tutto ciò, pertanto, parrebbe un circolo da cui non si può uscire e che è causato, per buona parte, dai ritardi in termini di investimenti sulle rinnovabili di quasi tutti i Paesi dell'Ue. Ma il problema è anche più grande se si guarda ad una dimensione globale. Se, difatti, in Europa si incentiva al non utilizzo dei combustibili fossili (che però vengono utilizzati all’occorrenza) nel resto del mondo è proprio su queste fonti energetiche che si continuerà a puntare.

Ad esempio, la Cina da sola prevede un aumento del 50% dei consumi di petrolio entro il 2030 (da 330 mld di mc a 450, contro i circa 400 mld di mc di consumo attuale dell’Ue) per sostituire il carbone nella produzione elettrica e nel riscaldamento. Quindi, se in Europa si tentano dei passi avanti nella transizione energetica e nella riduzione delle emissioni contro il global warming, a livello globale elementi positivi vengono compensati da scelte differenti.

Ma allora cosa fare?

Quanto sta accadendo a seguito dell’inizio del conflitto in Ucraina sta evidenziando un tema a lungo sottovalutato… la transizione energetica è tanto essenziale quanto complessa da attuare e necessità sia di un cambio radicale di politiche industriali (che sono messe su carta nei principali piani e programmi strategici internazionali) che di un cambio delle abitudini delle persone.

Questo non significa che la transizione energetica sia impossibile da realizzare né che un temporaneo ritorno al carbone comporti un blocco nel processo, ma evidenzia che tanto c’è ancora da fare e che occorre fissare obiettivi perseguibili e mettere in campo risorse economiche sufficienti.

Ad esempio saranno sempre più essenziali gli investimenti in ricerca e sviluppo, anche

attraverso la finanzia sostenibile che può supportare grandi progetti di innovazione. Solo spingendo su nuovi modelli di produzione e consumo sarà possibile realizzare, effettivamente, una transizione durevole.

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