«Dopo tre anni di ricorsi per riavere i nostri figli andremo a Strasburgo»

«Un anno fa abbiamo fatto ricorso al Tribunale dei minori ed è stato bocciato. Stessa sorte per il reclamo alla Corte d’appello. Tuttavia sfido chiunque a capire le motivazioni del rigetto che non spiegano ancora perché a Pietro Guccio e a sua moglie Tina siano stati tolti tutti e tre figli più di tre anni e mezzo fa, l’11 maggio 2005. Non si capiscono o, comunque, sono ragioni assurde, inesistenti, che non legittimano un provvedimento tanto grave, soprattutto in considerazione del fatto che questi figli vorrebbero tornare a casa con tutte le loro forze. Credo sia un fatto talmente grave che si debba fare tutto quello che si può per questa famiglia così ingiustamente smembrata. Per questo ho consigliato ai Guccio di ricorrere alla Corte Europea: credo sia l’unica possibilità per ottenere giustizia».
L’avvocato Lorenzo Macchi segue il caso di Pietro e Tina Guccio - una coppia di genitori rispettivamente di 51 e 43 anni - dal marzo 2007 anche se tutta la triste storia di questi genitori e dei loro tre bambini - Vanessa, 17 anni, Mirko, 11enne e la piccola Sharon che ne ha 6 - è iniziata alla fine dell'aprile 2005. «Mia figlia Vanessa - ci racconta Pietro Guccio - era rimasta a casa da scuola perché diceva di essersi ammalata e poi, invece, era uscita con degli amici. Aveva cominciato a frequentare brutte compagnie, temevo finisse in un giro poco raccomandabile. Quel pugno fece ribaltare due piatti e due bicchieri, mia moglie e i bambini si spaventarono, i piccoli si misero a piangere. E un’assistente sociale di sostegno - che era in casa con noi in quel momento per seguire Mirko e aiutare mia moglie che soffriva i postumi di una depressione post parto - convinse Tina a raccontare la vicenda ai suoi colleghi del consultorio di zona. Mia moglie spiegò loro che stavamo passando un momento difficile. Poi, comprendendo di aver sopravvalutato quella mia esternazione, ritornò al consultorio, ritrattò tutto, spiegò che si era trattato di un episodio. Dieci giorni dopo ce li portarono via. E, da allora, non li abbiamo più riavuti con noi. Mia moglie, intanto, ha perso il lavoro che adesso, però, ha trovato di nuovo dopo che, per il dispiacere, ha avuto tre infarti. E pensare che abbiamo fior di testimoni pronti a giurare che amiamo i nostri figli e siamo ricambiati, non li abbiamo mai toccati con un dito! Inoltre i bambini: i giudici non li hanno mai sentiti... Perché non li fanno parlare? Perché non tengono conto delle lettere che ci scrivono dalla comunità di Caresana (Vercelli) e nelle quali ci scrivono che vogliono tornare a casa, da noi, esprimendo il timore di essere affidati a nuove famiglie».
Lo scorso 24 luglio i Guccio erano scesi in piazza, a Quarto Oggiaro, con la solidarietà di tutto il loro quartiere. Adesso vogliono rivolgersi alla Corte Europea.
«L’avvocato Macchi ci ha spiegato che presentare un nuovo ricorso implicherebbe indicare nuove circostanze per essere accolto - conclude Guccio -. Novità che, nel nostro caso, non ci sono.

Per questo adesso, per riavere i nostri figli siamo disposti a far ricorso alla Corte europea. Che ha accettato parecchi ricorsi respinti da tribunali dei minori italiani e rimandato i bambini a casa, dai loro genitori. Per i nostri bambini siamo disposti a tutto».

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