Tremonti liquida il governo tecnico: "Un onore far parte dell'esecutivo"

La Lega: "Berlusconi vada avanti col programma e le riforme". Bossi sicuro: non ci saranno ripercussioni

Roma Una frase scontata che però, nelle ore incandescenti del Rubygate e soprattutto sulla bocca di Tremonti, assume un significato rilevante. Il ministro scende dal governo tecnico (dove l’hanno proiettato alcuni retroscena sull’eventuale post-Berlusconi) e manda un segnale di fumo a maggioranza e opposizione: «Per me è un onore comporre e rappresentare questo governo» dice al termine dell’Ecofin a Bruxelles. Tremonti futuro premier? «Parliamo d’altro...». Le preoccupazioni del ministro restano i conti pubblici, rispetto a cui la disciplina fiscale resta «fondamentale», anche se servono «più controlli sulla solidità della finanza e delle banche, questa è la via maestra».
Il superministro non esprime valutazioni sulla vicenda Ruby, se ne tiene fuori come fa pure la Lega, partito che è stato indicato come sponsor di un’operazione Tremonti-Palazzo Chigi. Nel Carroccio interviene il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, per far capire che la sexy-storia - che però sta provocando forti mal di pancia nella Lega - non sposta di un millimetro l’asse con il premier («Berlusconi vada avanti per la sua strada e per realizzare il programma di governo che è voluto dai cittadini ed è stato votato dal parlamento poche settimane fa»). Nessun cenno dai invece dai ministri leghisti (Calderoli si limita ad un «io devo continuare a lavorare sul federalismo e portarlo a casa»). Maroni ieri era in Lombardia, a Rodano, per la cerimonia di consegna di sei immobili confiscati alla criminalità organizzata. Il ministro però non ha parlato con i giornalisti asserragliati fuori, cosa inusuale (di solito si ferma per rispondere a qualche domanda). La stampa è stata tenuta lontana da Maroni, dietro una transenna, perché la consegna nel partito è quella di non proferire verbo sul Rubygate (e poi di tenere fuori il ministro dell’Interno, tirato in ballo nella sottovicenda della notte in Questura di Ruby). A meno che non lo faccia direttamente Umberto Bossi, che ha affidato al giornale di partito la linea da far passare in pubblico. E cioè che il Rubygate «non avrà ripercussioni sul governo», anzi «purtroppo o per fortuna di Berlusconi queste vicende gli fanno guadagnare voti, perché la gente inizia a pensare che sia perseguitato davvero».
L’importante per la Lega è aver scaricato su Berlusconi l’eventuale pressione per un voto anticipato, cosa che la Lega chiederebbe soltanto nello sciagurato caso che il federalismo fiscale non passi nella data prefissata, cioè l’ultimo giovedì di gennaio. Se così non sarà, se cioè Bossi porterà a casa la partita, poi toccherà al premier la valutazione sulla legislatura. «Se passa il federalismo i giochi restano completamente aperti e si vedrà cosa fare - spiegano fonti parlamentari leghisti - fino a quel momento noi della Lega ci opponiamo a elezioni anticipate». Il leader leghista avverte che «se Silvio si sente minacciato potrebbe accelerare la corsa verso il voto», passando così il famoso cerino delle elezioni nelle mani del Cavaliere. Per i piani della Lega, che si compongono di traguardi precisi da incassare (riforma fiscale federale, più soldi ai Comuni grazie ad un sì strappato da Bossi a Tremonti, e più in là Senato federale), è meglio se Berlusconi non alza troppo i toni dello scontro, soprattutto con magistrati e altri contraltari. Bossi consiglia al premier che è «meglio lasciar stare la magistratura», ovvero meglio non farsi altri nemici oltre a quelli che già ci sono in Parlamento.


L’impressione però è che la Lega, se ora spinge meno per le elezioni e sembra più ottimista, è solo perché ha spostato molto più in qua l’asticella di quel che si può raccogliere prima di tornare alla urne. Le vicende notturne del premier non allarmano più di tanto, anche se il clima surriscaldato che hanno creato non piace affatto ai leghisti. La Lega vuole proseguire la navigazione, anche se sa di doverlo fare a vista.

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