La tribù dell’uomo-scimmia si ribella alla tv

Potrebbero essere la prova vivente del cammino inverso dell’evoluzione. Deficit genetico o effetto del degrado ambientale?

Nino Materi

Huseyn, Gulim, Emine, Seneme, Hacer sono cinque Hand-walkers, «Uomini che camminano con le mani», che qualcuno - per rendere più suggestiva l’espressione - ha impropriamente definito «Uomini scimmia», per la loro caratteristica di procedere a «quattro zampe», con la differenza però che le loro «zampe» si chiamano «braccia» e «gambe». Creature «quadrupedi» ignorate dal mondo prima che uno studioso turco, il professor Uner Tan, le scoprisse pochi mesi fa in una bicocca di Demirkonak, sperduto villaggio dell’Anatolia orientale al confine con la Siria. Tanto è bastato per scatenare attorno a fratelli Ulas (tuttia dall’età apparente compresa tra 25-40 anni, incapaci di esprimersi e con gravi ritardi psichici) il business della scienza-spettacolo.
Per pubblicare i propri studi e farsi spazio nella giungla dei finanziamenti, i ricercatori hanno bisogno infatti che le loro ricerche si trasformino in show mediatici, possibilmente con le caratteristiche di un reality. Anche per questo Uner Tan, docente di fisiologia all’università Curukova di Adana, è stato presto esautorato da un un’équipe di colleghi inglesi ben felice di «girare» la storia alla Bbc che ne ha tratto un seguitissimo documentario andato in onda il 17 marzo scorso.
Huseyn, Gulim, Emine, Seneme e Hacer, in cambio di un po’ di danaro, sono stati prima usati e poi abbandonati al loro destino con l’amara sensazione di - come hanno confessano essi stessi - di «essere stati trattati alla stregua di fenomeni da baraccone». Forse un’occasione perduta, considerato che analizzare al meglio il fenomeno degli Hand-walkers sarebbe equivalso a prendere un esemplare «difettato» di Homo sapiens e a metteterlo nella macchina del tempo. Destinazione: il passato. Quello più remoto che ci riporta a un’era in cui gli ominidi erano simili a scimmie e si chiamavano Ramapithecus. Cinque milioni di anni fa i nostri antenati si muovevano a quattro zampe; l’Homo erectus si sarebbe «sollevato» solo molto tempo dopo, passando attraverso altre due fondamentali tappe evolutive: l’Australopithecus e l’Homo abilis. Una notte preistorica che l’Homo neanderthalensis sembrava voler illuminare con i primi bagliori di civiltà primordiale. Un cammino che consideravamo di sola andata (dalla scimmia all’uomo) ma che - scopriamo oggi - riserva la straordinaria opportunità di un percorso inverso (dall’uomo alla scimmia). E che non si tratti di un film di fantascienza, lo dimostrano le foto dei cinque fratelli Ulas che hanno fatto il giro del mondo. La domanda che, dal momento in cui Uner Tan ha reso pubblica la sua scoperta, impegna la comunità scientifica è la seguente: nel caso della «sindrome di Uner Tan» ci troviamo dinanzi a un clamoroso esempio di regressione genetica, oppure questo «ritorno al passato» è frutto di condizioni ambientali. Non è una differenza da poco. Perché nel primo caso il professor Uner Tan sarebbe meritevole del Nobel per la medicina; mentre nel secondo caso - pur in un contesto di indubbio interesse antropologico - la patologia riscontrata nella famiglia Ulas diventerebbe facilmente comprensibile. Anche per questa ragione il Giornale ha intervistato il professor Uner Tan, cercando di capire i termini esatti di una vicenda dai contorni non del tutto chiari. Lascia, ad esempio, perplessi la guerra tra l’équipe scientifica inglese e turca che si contendono il merito di aver scovato gli «uomini primati», definiti forse troppo precipitosamente «l’anello mancante per il passaggio alla postura eretta». La cosa non è piaciuta affatto al professor Uner Tan che, insime alla sua università Cukurova di Adana, si è ritrovato escluso dal progetto inglese. Ma il fisiologo turco non si è perso d’animo e si messo alla ricerca di altri casi riconducibili alla «sindrome di Uner Tan».
«Un’anomalia che ho riscontrata tre settimane fa anche in due fratelli e una sorella nella città di Adana - rivela al Giornale il professor Uner Tan -. Adana, nel sud del Paese, è poco distante dal confine della Siria e dal villaggio dove due mesi fa è stata scoperta la prima famiglia di Hand-walkers. Anche ad Adana sono state trovate persone che camminano a quattro zampre e che hanno capacità mentali limitate. Hanno un'età compresa fra 30 e 40 anni».
Secondo il professor Uner Tan questo nucleo familiare potrebbe rivelarsi ancora più interessante del precedente. In questo secondo gruppo su dieci componenti, sette sono normali sia dal punto di vista cerebrale sia da quello motorio. Poi ci sono due fratelli che camminano a quattro zampe e che sono simili in tutto e per tutto ai 5 fratelli trovati a Demirkonak e diventati ormai celebri grazie alle foto che hanno fatto il giro del mondo immortalandoli mentre «corrono» a quattro zampe lungo una spiaggia.
«L'elemento di novità - precisa il docente dell’università di Adana - è rappresentato dal terzo fratello, non ha carenze cerebrali ma cammina con un andamento simile a quello di una persona ubriaca. La rivelazione sta nel fatto che fino alla sua adolescenza anche lui era quadrupede. Il mio obiettivo è ora comprendere quali fattori abbiano determinato il mutamento della sua postura».


«Si tratta di un particolare molto importante - conclude Uner Tan - perché potrebbe portarci a nuove rivelazioni su questa sindrome, che evidentemente può avere mutazioni anche di rilievo come in questo caso e che potrebbero spiegarci ancora meglio come si è verificato il passaggio dal quadrupedismo al bipedismo nell'evoluzione umana».

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