Vorrei dire tre cose su mafia e Stato. Uno. Non mi sorprende che lo Stato abbia trattato con la criminalità organizzata. Anche con i peggiori nemici e anche se sei in guerra, a volte devi trattare.Si può divergere sull’opportunità di trattare, ma non significa essere complici. Il metro di giudizio principale restano i risultati.
Due, i risultati. Con tutte le zone d’ombra che ci sono state, sono innegabili gli arresti, le confische, le cosche smantellate negli ultimi anni, soprattutto sotto l’ultimo governo Berlusconi.
Se questo vuol dire essere collusi...
Tre, i collusi. Se rivolgo uno sguardo storico al rapporto tra mafia e potere vedo la storia della Repubblica piena di collusioni, voti di scambio, appalti, favori e omertà. A parte gli assurdi teoremi su Andreotti al vertice della Cupola, ci sono stati intrecci locali e coperture nazionali e internazionali alla mafia, fino al delitto Falcone-Borsellino.
Non regge l’insinuazione che quel duplice delitto abbia sancito il patto mafia- potere, che Berlusconi sia andato al governo in virtù di questo patto, che Napolitano e Conso possano alla fine passare per alleati della mafia. Si può avere il giudizio politico più critico su di loro o deprecare la gestione del rapporto tra giustizia e mafia, ma evitiamo questi film. Perché le fiction esagerate sulla Piovra finiscono per occultare e minimizzare le reali miserie del Palazzo. La lotta finale tra Bene e Male trascura le zone grigie e fabbrica finti eroi e finti criminali. Così oltraggia i veri eroi e favorisce i veri criminali.
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